mercoledì 6 aprile 2016

Incontri con l'autore. Giuseppe Catozzella - Il grande futuro


Ciò che mi ha colpita di più dell’incontro con Giuseppe Catozzella, autore del libro Il grande futuro, è stato il suo modo tranquillo e pacato di affrontare tematiche così delicate come quelle collegate all’Islam ed al mondo musulmano. Una pacatezza, quella usata nel proporre la conoscenza delle ragioni del nemico, che credo sia tutt’altro che scontata in un periodo in cui, come quello attuale, sono così vive le immagini degli attentati che sfilano in tv per ricordare quotidianamente cosa sta accadendo. In un periodo in cui è facile lasciarsi andare a giudizi spesso motivati dalla non conoscenza di ciò di cui si parla.
Ed ecco l’altro aspetto che tanto mi ha colpita in quest’uomo: la sua profonda conoscenza dell’argomento e la sua voglia di raccontarla a tutti come testimone diretto di ciò che non è solo un romanzo ma il racconto di un incontro che pone le sue basi sulla realtà.

L’incontro con Alì. Di questo sto parlando. Perché nel libro Il grande futuro è Alì che parla e che racconta di se, della sua vita, delle sue scelte. Il libro non l’ho ancora letto ma lo farò presto. Per il momento mi limito a raccontare il nostro incontro (nostro… io ero in platea tra tanti altri, non ho certo l’esclusiva!). 

L’occasione di questo incontro è stata favorita da un’iniziativa dell’Associazione Santa Croce (in collaborazione con la libreria Il Gatto con gli Stivali) che, nell’ambito della rassegna Incipit, ha voluto proporre un approfondimento su tematiche attuali grazie alla presenza di Catozzella.

Il grande futuro è il suo quarto romanzo.
Alì è un ragazzo di origini molto umili, discendente da una famiglia molto povera – racconta Catozzella nel presentare il protagonista del suo romanzo – e per rivendicare le sue  origini era entrato nel fondamentalismo da cui poi è uscito per amore”.

L’autore, tra l’altro nominato Goodwill Ambassador Onu, ha voluto conoscere da vicino il fenomeno che era alla base degli spostamenti di massa da paesi in guerra. Ha conosciuto da vicino la guerra ed ha voluto capirla per poi parlarne “…perché credo che la letteratura non debba per forza indietreggiare davanti al molto che all’autore è dato di vivere”. 

Ogni volta che ho incontrato Alì era con il volto coperto - dice Catozzella – perché come conseguenza delle sue scelte aveva messo in pericolo la sua vita. Quando entri nel fondamentalismo fai un giuramento e vieni protetto. Quando fai una scelta differente e vuoi uscirne metti in pericolo la tua vita. Durante i nostri incontri vedevo solo gli occhi. Molto intensi ma anche misteriosi. Inizialmente era molto titubante ma pian piano si è aperto e mi ha detto che voleva soltanto giustizia. Nel fondo di quegli occhi ho trovato me stesso. Se quello che avevo di fronte era il mio nemico bhe… avevamo tantissimo in comune. Le stesse speranze, le stesse paure, la stessa sete di giustizia. Ho capito che io e il mio nemico eravamo la stessa cosa. Evidentemente erano altre le motivazioni che ci avevano reso tali. Ho voluto dare voce al mio nemico”.

Una scelta coraggiosa, quella di Catozzella. Quando, poi, si era sul punto di pubblicare il libro la cronaca ha portato alla luce gli attentati più recenti e pubblicare un libro così poteva essere inopportuno. Alla luce di ciò, hai riflettuto sull’opportunità di pubblicarlo?

Erano anni che stavo lavorando al libro. Tutta la macchina editoriale era in moto. Sulle prime ho chiesto al mio editore di evitare la pubblicazione ma poi ci abbiamo pensato ed entrambi abbiamo ritenuto che, invece, andasse fatto. Lo abbiamo fatto. Provavo sentimenti contrastanti. Da un lato la rabbia viva per un grande attentato a casa nostra e, dall’altro, la conoscenza di quei luoghi, di quelle persone. È una cosa diversa la guerra di là e di qua. Sono felice dell'uscita di questo libro perché è forse un’occasione da non perdere per chi vuole di capire le ragioni del nemico ed anche le nostre, di ragioni”.

Questa volta la guerra non è più come la prima guerra mondiale: ora siamo l’uno dentro l'altro. Il nostro nemico abita a casa nostra e noi siamo a casa del nostro nemico, anche se questo non ci viene raccontato. Vorrei raccontare un episodio emblematico, a tale proposito. Quamdo Alì fa il battesimo del fuoco prende in mano un fucile e guarda la matricola: è una matricola che rimanda al produttore… ed il produttore è quel Paese nemico contro il quale il popolo di Alì combatte. E si domanda che razza di guerra sia quella in cui è il nemico ad armare i guerriglieri”.

Nello scrivere questo romanzo pensavi, come interlocutori, ai giovani come romanzo formativo?
Quando scrivo non ho un target in mente. Io giro molto le scuole ed ho scoperto che gli adulti hanno già delle nozioni acquisite ed è difficile raccontare ciò che ho visto. La verità è che queste cose non ce le hanno mai raccontate. I ragazzi invece hanno molta più sete di conoscenza, di sapere ed hanno meno preconcetti in mente di quanto, invece, non ne abbiano gli adulti. Questo posso dire: è più facile parlare con i giovani che con gli adulti ma non avevo un target preciso in mente”.

Davanti a tematiche così importanti, quali sono le domande più comuni, le curiosità più comuni da parte dei giovani che incontri?
La domanda più comune è quella di sapere quanto c'è di vero e quanto, invece, vero non lo é. I miei romanzi richiedono tanto lavoro sulla realtà ed io dico che tutto è vero e tutto è inventato”.

Che storia è, quella di Alì? Una storia di violenza, di paura, di guerra?
“Io racconto una storia di luce, di riscatto. Alì è servo figlio di servi. Vuole strapparsi da questo destino e fa un percorso in questa direzione. Va incontro alla felicità fino alla fine. La felicità è un diritto di tutti. Se la cerchi si fa trovare".

Che obiettivo ti eri posto nel pensare ad un libro così?
Ho fatto, per conto del lettore, un viaggio dentro l'anima di quello che noi consideriamo come il nostro nemico. Ho cercato di mettere in condizione il lettore di capire un po’ di più per farsi fregare un po’ di meno. Io credo che la letteratura non debba essere solo e sempre mero intrattenimento. Credo che possa essere anche qualche cosa di più importante. E’ questo il mio modo di intendere la letteratura. Ho cercato di far comprendere che ci sono grosse ragioni economiche che ci portano ad essere nemici. E questo solitamente non ce lo dicono. Spesso dimentichiamo che l’Islam, il mondo musulmano e la sua deviazione armata sono due cose diverse. Queste cose non ce lo dicono. Ci dicono che musulmano è uguale a fondamentalista. Costruiscono dentro alla gente la paura per il fondamentalismo facendo passare la sua equivalenza con il mondo musulmano. Non è così. I musulmani dicono che con i fondamentalisti non vogliono avere niente a che fare… la religione non è fondamentalismo. I fondamentalisti usano vari collanti per reclutare i tanti ragazzini che crescono con quella mentalità. Uno di questi sono i soldi: danno da mangiare a loro e alle loro famiglie, gli insegnano a leggere e scrivere. L’altro collante sono l’agire in nome di valori più altri: prendono alcune parti del Corano, le parti più violente e gli fanno il lavaggio del cervello. E il terzo collante è lo sfruttamento delle loro frustrazioni”.

Tanti altri sono stati gli spunti di riflessione emersi nel corso dell’incontro e che avrebbero richiesto ore di approfondimento su un tema così attuale. Ora non resta che leggere il libro e farsi la propria idea delle ragioni del nemico che sono quelle a cui Catozzella ha voluto dare voce.

2 commenti:

  1. Io avevo letto "Non dirmi che hai paura" di questo autore e lo avevo apprezzato molto.
    Mi piacerebbe leggere anche questo, seppur, lo devo di re, io non credo che il problema sia solo l'ignoranza o il fare di tutta l'erba un fascio. O almeno, non lo è per me e per le persone che frequento, che sanno benissimo le ragioni anche economiche di questi attentati. Il problema, a mio parere, è capire come agire per fermare il fenomeno ed il fatto che poche siano le voci di tutti i mussulmani del mondo che si alzano verso il fondamentalismo (o forse a loro non viene dato risalto, non so) e quindi il dubbio che, seppur tacitamente, molti approvino, si insinua nella mente....da lì al pregiudizio verso tutti, il passo è breve, purtroppo.

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