mercoledì 20 aprile 2016

La voce del violino (A. Camilleri)

Può un violino raccontare al suo uditore qualche cosa di diverso dalla musica che si origina dalle sue corde? Per Salvo Montalbano la risposta è sì, senza ombra di dubbio.
La prova è nel libro La voce del violino che narra la quarta indagine del commissario Montalbano, nato dalla fantasia di Andrea Camilleri, che si trova alle prese con una giovane e bella donna assassinata senza un apparente perchè. 

Si tratta di una serie pertanto la storia di Montalbano, quella personale in particolare, si evolve. Sia per quanto riguarda il suo rapporto con Livia che quello con il piccolo François. Chi ha letto le sue precedenti avventura sa bene di cosa sto parlando e, per chi non l'avesse ancora fatto, non dico di più.

Anche stavolta Montalbano dimostra di essere un uomo intuitivo, capace di mettere in atto un metodo che, pur essendo a volte discutibile dal punto di vista procedurale, è sempre seguito per arrivare alla verità.

Michela, questo è il nome della giovane donna trovata assassinata (trovata a seguito di una particolare coincidenza dallo stesso Montalbano) in una elegante villetta. Nuda. Completamente nuda. Soffocata. 
Nessun segno di effrazione, nessun segno di violenza. Segni di rapporti sessuali che, a quel che dice il medico legale, sono stati consenzienti.
Le voci di quartiere fanno puntare il dito contro qualcuno. Troppo semplice, però. Quando la situazione inizia a prendere una brutta piega, Montalbano comincia a rendersi conto che, forse, l'intera vicenda avrebbe potuto avere un epilogo diverso se solo...
Sono tanti i se.

Anche in questo libro compaiono immagini ricorrenti come Montalbano nella sua casetta in riva al mare, la lontanza da Livia e il loro sentirsi al telefono, la figura un po' ingombrante tra loro di Mimì Augello, l'appettito di Montalbano e il ruolo della sua governante. Elementi noti che rappresentano la continuità con le avventure precedenti e che, ne sono certa, torneranno anche nelle avventure che verranno. 

Su tutto, però, c'è la spassosità di fondo legata all'uso del dialetto e quel modo di fare così particolare che lega il commissario ai suoi uomini. Alcuni di essi sono davvero divertenti nel loro essere persone semplici, coriacee. Uno su tutti il simpaticissimo Catarella, telefonista d'eccezione stavolta alle prese con un corso d'informatica.
Dottori, ci voleva dire che mi hanno acchiamato dalla Quistura di Montilusa. S'arricorda che le dissi di quel concorso d'informaticcia? Accomincia lunedì matino e io mi devo apprisintari. Come farete senza di mia al tilifono?
Come di consueto, in perfetto stile Camilleri-Montalbano, la lettura mi ha divertita (per il modo in cui il racconto viene proposto e per le situazioni oltre che i dialoghi a volte anche difficili da tradurre ma ai quali si arriva senza fatica, una volta che ci si è fatta l'abitudine) ed intrigata sul fronte dell'indagine.

L'acuto Montalbano fa i suoi ragionamenti in modo che può sembrare casuale ma che casuale non è affatto. E mangia sempre molto bene, il commissario. Che sia per mano di Adelina così come di altri. Buongustaio!

Il volume è di un formato molto gradevole soprattutto per chi, come me, è abituato a tenere libri in borsa. L'unica pecca - credo di averlo detto anche altre volte - sono i caratteri piccini. La lettura è comunque scorrevole una volta superato lo scoglio del dialetto per cui anche sui caratteri si può chiudere un occhio!

Con questa lettura partecipo alla Challenge 2016 - Le Lgs sfidano i lettori.
Per la seconda tappa propongo questa lettura per il raggiungimento dell'obiettivo n. 2: un libro di un autore che abbia più di 60 anni. 

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