domenica 26 febbraio 2017

Il miglio verde (S. King)

Premessa obbligata: è il primo libro di King che leggo. L'ho sempre considerato - basandomi su commenti altrui - un autore un po' troppo forte per i miei gusti per questo me ne sono sempre tenuta alla larga. Sbagliavo, e di grosso. Con Il miglio verde King mi ha emozionata, mi ha fatto commuovere, arrabbiare, innervosire, provare tanta pietà. 

Conoscevo solo a grandi linee la storia: non ho mai visto il film ma, per via della pubblicità che ne è sempre stata fatta, non ero del tutto all'oscuro della trama. Non ne conoscevo i particolari, questo va detto. 
Così, mi sono avvicinata a questo libro con delle scarse cognizioni di base che, comunque, non hanno affatto intaccato il piacere della lettura.
Non credo sia necessario parlare della trama per cui ne faccio un breve accenno.
Siamo nel braccio della morte del penitenziario di Col Mountain. Nel Braccio E per la precisione. Qui vengono trattenuti coloro che attendono l'esecuzione della pena capitale a loro carico. Andranno alla sedia elettrica dopo aver percorso quel corridoio che viene chiamato Miglio Verde per via del colore del linoleum che lo ricopre. 
La storia è sempre la stessa, per tutti: uomini che si sono macchiati dei più orribili crimini verranno accompagnati a friggere sulla sedia elettrica da guardie che, oramai, ne fanno una routine. 
Paul Edgecombe è uno di questi ed è lui che, a distanza di anni, anziano e confinato in una struttura per persone della sua età, racconta ciò che accadde. Perché ad un certo punto il fragile equilibrio raggiunto nel Braccio E viene a vacillare con l'arrivo di un nuovo condannato: si tratta di John Coffey (che si pronuncia come il caffè in inglese ma non si scrive allo stesso modo), accusato di aver rapito, violentato ed ucciso due gemelline. E' un omone grande e grosso che, però, ha qualche cosa di particolare. Nasconde un mistero che fin dal primo minuto del suo arrivo nel Braccio E salterà agli occhi di Paul. 
Si verificano dei fatti straordinari dopo l'arrivo di John e Paul ne sarà testimone. Ma come giustificare quanto accade? Una manifestazione terrena del male o le azioni di un essere differente che è venuto al mondo con una particolare missione.

La voce narrante è quella di Paul che, oramai anziano, cerca di mettere in ordine i pensieri e trascriverli per lasciare una testimonianza di ciò che ha vissuto e che, ancora, porta tatuato nel cuore e nell'anima. I suoi sono pensieri a tratti poco lineari, con delle ripetizioni che potrebbero risultare poco graditi se non fossero proprio una caratteristica del libro. Paul è anziano, molto anziano, la sua memoria fa dei brutti scherzi e dimentica spesso le cose. Non quanto accaduto nel '32, però. Quando fa un tuffo nel passato i ricordi arrivano chiari, nitidi e dolorosi più che mai. Così, quella narrazione un po' sconnessa rende ancora più credibile il personaggio.
Va anche detto che King ha presentato questo libro sotto forma di racconti, all'epoca, per poi raccoglierli in un unico libro che - per sua stessa ammissione - avrebbe dovuto subire dei ritocchi per poter essere più omogeneo. La struttura in racconti richiede che alcuni passaggi vengano ripresi (e da qui le ripetizioni) per poter rendere più semplice il compito al lettore. Un aspetto che non mi è dispiaciuto affatto.

I personaggi vengono resi con maestria. Sia le guardie che i condannati a morte vengono presentati al lettore con intensità e vigore: King sa emozionare anche solamente nel descrivere la semplicità e la meraviglia di un detenuto che riesce ad addomesticare un topo. 
Sarà anche quel topo un protagonista fondamentale del racconto: mi è sembrato, in diversi momenti, che il mio stesso sguardo si perdesse in quelle due goccioline di petrolio, come vengono descritti i suoi occhi!

John... cosa dire di John! Un assassino che merita la morte, così viene presentato. Ma nulla è come sembra, Paul lo capirà presto. Ecco, dunque, che la sua enorme figura, quel suo essere così gigante e allo stesso tempo mansueto tocca le corde del cuore. Avrei voluto poter fare qualche cosa per lui, proprio come Paul. Anche lui avrebbe voluto poter cambiare le cose ma John porta su di se tutto il dolore del mondo e questo incide, in un modo o nell'altro, nella sua sorte.

Paul narra anche alcune vicende del suo presente, testimonianza di come la cattiveria non abbia dei limiti temporali ne' spaziali. E questo mi ha fatto pensare alla condizione di molti anziani, purtroppo, che si trovano a subire le angherie di chi, invece, dovrebbe pensare alla loro cura e alla loro salute.

Ho pianto nel leggere la storia di Paul e di John e non mi capitata da moltissimo tempo. Di piangere nel leggere un libro, intendo. Molto bello nella sua tragicità, nell'irrimediabilità di un futuro segnato per colpe altrui.

E' un libro che non dimenticherò e che consiglio, senza riserve, sia agli amanti di King (a cui, credo, che non serva il mio consiglio per leggerlo) che a tutti coloro che vogliano emozionarsi e partecipare - perché è questa la sensazione - in modo diretto a quanto raccontato.

Un piccolo appunto: io ho preso l'edizione disponibile in biblioteca (è un volume Euroclub) ed ho trovato alcuni errori di traduzione ma nel complesso sono davvero poca cosa.

Questa lettura mi permette di partecipare alla challenge La ruota delle letture: un libro da cui sia stato tratto un film. 
Inoltre, mi permette anche di partecipare alla challenge di Chiara del blog La lettrice sulle nuvole.

venerdì 24 febbraio 2017

Chi è morto alzi la mano (F. Vargas)

Ho conosciuto questa autrice grazie al libro L'uomo dei cerchi azzurri dove ho incontrato l'ispettore Adamsberg nel primo volume della serie che narra le sue avventure. 
Stavolta Fred Vargas, nel libro Chi è morto alzi la mano, introduce altri personaggi, anch'essi destinati a diventare protagonisti di una serie di avventure.

Questa autrice non mi dispiace affatto. Non mi era dispiaciuta all'epoca del mio incontro con Adamsberg e non mi dispiace ora, quando fa conoscere ai lettori coloro che diventeranno noti con l'appellativo dei tre evangelisti. Di religioso hanno poco, a dire il vero, se non una certa somiglianza nei nomi: Marc, magrolino in nero; Mathias, il biondo lento e Lucien quello con la cravatta. Detto fatto, ecco che fanno la loro comparsa San Marco, San Matteo e San Luca: appellattivi, questi, che vengono loro affibbiati dal quarto uomo, il vecchio Vandoosler, ex poliziotto allontanato dal corpo di polizia per corruzione. I tre evangelisti si sono frequentati da ragazzi e si ritrovano insieme, dopo parecchio tempo, a condividere una casa ed una situazione piuttosto singolare: la loro vicina, Sophia Siméonidis, scompare improvvisamente e loro tre, con la complicità del vecchio Vandoosler (padrino di Marc) cercano di scoprire cosa possa essere accaduto.

La vicenda, a dire il vero, ha inizio con la comparsa di un albero nel giardino dei Siméonidis. Un albero che compare dalla sera alla mattina senza che nessuno sappia per mano di chi, ne' per quale motivo. Sophia è preoccupata: scruta l'albero, analizza ogni angolino di quel giardino che è diventato, improvvisamente, a lei estraneo. Quell'alberto non fa parte del suo giardino e la sua comparsa la turba, la preoccupa, la distrae. E' un elemento di disturbo voluto da chi? Perchè? Che senso può avere una comparsa così ingombrante in un giardino altrimenti ordinato, equilibrato, normale?
Un paio di settimane dopo dalla misteriosa comparsa, Sophia scompare: l'albero resta al suo posto, silente, fino a quando la sua presenza non suono strana anche agli orecchi dei tre evangelisti che temono di trovare qualche cosa di macabro proprio lì sotto. E invece niente, niente di niente.

I tre non si lasciano scoraggiare e continuano ad indagare. Ovviamente viene coinvolta la polizia anche se l'ombra di Vandoosler e dei suoi tre evangelisti si allunga sempre più sulle indagini.

I personaggi vengono presentati in modo accurato e suscitano immediatamente simpatia. Sono tre storici, pur avendo preso ognuno una via differente da quella dell'altro - Marc è un medievalista, Lucien un appassionato della Prima Guerra Mondiale, Mathias è specializzato nello studio della Preistoria - e sono personaggi ben caratterizzati. I dialoghi molto scorrevoli ed efficaci e le riflessioni che emergono piuttosto stimolanti. All'inizio del libro mi ha fatto un po' storcere il naso la semplicità con la quale i tre si sono ritrovati a condividere un'abitazione dopo tanto tempo di lontananza. E' come se ognuno fosse rimasto ad aspettare l'altro e nella vita reale mi sembra un po' assurdo ma non fa niente, ci può anche stare.

Mi sono piaciuti tutti e tre, ognuno con le sue caratteristiche ed il suo modo di fare. Mi hanno divertita e si sono dimostrati all'altezza della situazione.
Mathias, in particolare, mi ha strappato qualche sorriso in più per via di un suo assurdo comportamento: ama andare in giro nudo. In casa, principalmente, ma ci può essere anche qualche eccezione.
– Ma che diavolo – stava dicendo Lucien – Che bisogno c’è di stare nudi per montare una libreria? Non vedo il senso! E che cavolo, possibile che non hai mai freddo?
– Non sono nudo, ho i sandali – rispose pacatamente Mathias.
Simpatici, davvero. Ed in un giallo elementi di simpatia non ci stanno affatto male, soprattutto se penso allo stile della Vargas che non propone fiumi di sangue, violenze gratuite e così via discorrendo come fanno altri autori che scrivono libri di questo genere.

Ottima anche l'intuizione di avvolgere di mistero il giardino di casa Siméonidis che, pur restandosene al suo posto senza disturbare più di tanto, è il protagonista del racconto visto che avrà un ruolo fondamentale con quel suo faggio - perchè è di un faggio che si tratta - comparso così dal nulla.

Il finale non è mirabolante, ci si arriva, ed è interessante seguire la logica che ha portato a comprendere la verità.
Insomma mi è piaciuto, a partire dalla copertina. E' una lettura che consiglio per una serie che continuerò senza dubbio a seguire.

Questa lettura mi permette di partecipare alla challenge La ruota delle letture. Mi è stata assegnata una storia con un giardino, ed ecco il giardino.
Inoltre, mi permette anche di partecipare alla challenge di Chiara del blog La lettrice sulle nuvole.
Segnalo, infine, questa lettura per il Venerdì del libro di oggi e mi farebbe piacere conoscere il parere di chi l'avesse già letto. Sono simpatici anche a voi i tre evangelisti?

giovedì 23 febbraio 2017

Big apple (M. Seals)

Lex bello, ricchissimo e sciupafemmine.
Dora (Fedora è il suo nome originale), assistente personale del capo che sa fare un ottimo caffè ma che non viene affatto valorizzata per le sue qualità professionali.

Sono loro i protagonisti di un libro che non rientra affatto nei generi che amo e che ho apprezzato solo in parte. Quella che viene descritta secondo me è una situazione piuttosto assurda che, tutto sommato, scorre.

Erotico nelle intenzioni (e di fatto non mancano le descrizioni di amplessi stellari) il libro non risparmia espressioni volgari anche quando non sarebbe affatto necessario. Dal piglio ironico, fin troppo in alcuni passaggi, l'autrice propone il riscatto di una donna sul grande capo: il loro legame professionale inizia nel momento in cui lui la licenzia. Strano a dirsi ma nella situazione in cui vengono a trovarsi i due è proprio così. Si arriva ad un contratto ed una delle clausole imposte da Dora è una convivenza, a casa sua, per un certo periodo di tempo.

Lex dovrà lasciare il lusso sfrenato per adattarsi ad una situazione che gli va più che stretta. C'è di mezzo un contratto (non è una situazione nuova, o mi sbaglio?) ma stavolta ad avere il coltello dalla parte del manico (chiedo scusa per l'espressione...) è lei, non lui.

Intende riscattare l'intero genere femminile punendo un uomo che, da sempre, considera le donne come mero oggetto sessuale anche se lei, a dire il vero, è fatta della stessa identica pasta visto che ammette candidamente di non amare rapporti duraturi ma rapporti. Fisici, s'intende!
Lui è abituato a comprare tutto e tutti con il denaro e, a dire il vero, non si smentirà fino alla fine. 
Lei si propone come salvatrice del mondo nel momento in cui si prefigge di dare una sonora lezione a quel giovane rampollo pieno zeppo di soldi e di donne, con il chiodo fisso del sesso (argomento discusso apertamente anche con amici che hanno la stessa fissa).

Non ho proprio gradito lo stile narrativo dell'autrice che si fa rivolgere i personaggi in modo diretto al lettore. Non è una cosa che mi piace. I personaggi diventano attivi nei confronti del lettore rivolgendosi a lui con affermazioni che intendono chiamarlo in causa o con espressioni che non mi sono affatto gradite.

Big Apple è un libro che propone la storia secondo i punti di vista di entrambi i protagonisti e questo, spesso, comporta delle ripetizioni che solo in alcuni casi sono utili ai fini della comprensione da parte del lettore. Nella maggior parte dei casi sono ripetizioni punto e basta.

Non lo disprezzo del tutto, suvvia!
La storia tra i due mi è sembrata un tantino assurda (ma in storie dal taglio erotico non capita quasi sempre così?) ma l'autrice è brava ad offrire un'altra storia al lettore: quella di Thomas e della sua sorellina che, con una storia personale e familiare alle spalle, entreranno prepotentemente nella vita dei due protagonisti.

Thomas è il personaggio che mi è piaciuto più di tutti ed anche in questo caso si sono semplificate parecchio alcune situazioni che lo riguardano. Resta il fatto che Thomas, nonostante tutto, è un personaggio positivo. 

Lex... troppo issimo
Bellissimo, ricchissimo, affascinantissimo, issimo anche dalla cintura in giù!
Dora del tutto estranea al mondo dei ricchi e lontana anni luce a quell'eleganza e quella classe che donne di un certo livello - lo stesso livello di Lex o giù di lì - dovrebbe avere. Somiglia più ad uno scaricatore di porto che non ad una potenziale fidanzata per il capo. 

Queste due realtà si incontrano e si trovano sulle stesse corde nelle ripetute scene di sesso, così senza pensarci troppo. Seppur coinvolti al massimo in quei momenti, per il resto del tempo Lex e Dora non fanno che odiarsi, disprezzarsi... 
Potranno avere un futuro? Soprattutto, lo vogliono un futuro o, per entrambi, è la solita storia di sessoe e niente più? Cosa realmente li lega?

Per gli amanti del genere, per chi cerca scene erotiche può andare bene. Io - l'ho già detto e lo ripeto - credo che l'erotismo e la sensualità siano altro rispetto alla descrizione di movimenti nei minimi particolari. Dopo aver letto Histoire d'O sono molto critica nei confronti di chi si cimenta in questo genere. Quelle ripetute scene mi hanno un po' annoiata, alla fine, soprattutto perchè l'atto sessuale viene continuamente proposto come fine a se stesso punto e basta... Ho seguito con molto più interesse la storia di Thomas e di sua sorella, lo ammetto.
Va anche detto, però, che ad un certo punto la situazione cambia e subentra qualche cosa di nuovo per entrambi.

Con questa lettura - che consiglio solo a chi non ha grosse pretese - partecipo alla  challenge di Chiara del blog La lettrice sulle nuvole.
Ps. il tizio in copertina non ha niente a che vedere (dal punto di vista del fisico e dell'aspetto che le descrizioni lasciano immaginare) con Lex. Niente proprio! Ed anche il tacco di lei... fuorviante!

sabato 18 febbraio 2017

44 Scotland Street (McCall Smith)

Primo libro in assoluto che leggo di questo autore, 44 Scotland Street è stata una lettura gradevole, scorrevole, simpatica.
Non posso certo dire che ci sia una vera e proprio storia ma tante storie che si intrecciano in una via, ad un certo numero civico, il 44 appunto.

Per la precisione, ad un certo punto mi sono anche soffermata a pensare: ma qual è la storia che vuole raccontare l'autore? Solo andando avanti ho compreso: non una ma tante. Storie diverse, vite diverse, personaggi diversi che entrano in contatto (o anche no) l'uno con l'altro e, in un modo o nell'altro, lo cambiano.

Pat è una ragazza che sta vivendo il suo secondo anno sabbatico. Dico subito, così non ci torno più, che non ho ben capito cosa intenda per anno sabbatico. Lo so cos'è, un anno sabbatico, ci si prende una pausa di un anno ma da cosa? Da una storia d'amore? No, non mi pare. Dal lavoro? No, proprio no. Dall'università? Nemmeno.  Dalla famiglia? Forse. Ed anche se così fosse va detto che la figura del padre di Pat è comunque una figura importante, anche se sono lontani. Non della madre. No. E' il padre che ascolta, che consiglia, che consola. Bello. Questo mi è proprio piaciuto.

Va a vivere in affitto in un appartamento al civico 44 di Scotland Street dividendo spazi e spese con altri tre inquilini. Dei tre, l'effettivo coinquilino è uno solo in quel particolare momento: Bruce.
Chi è Bruce? Già dal nome ci si può immaginare un gran bel pezzo di ragazzo!!! No?
Bruce è un consulente immobiliare bello, molto bello e pieno di se'. Non fa altro che rimirarsi nello specchio ed è convinto che ogni donna prima o poi gli cadrà ai piedi. Tutte subiscono il suo fascino maschio e lo stesso varrà per Pat, ne è convinto. Sarà anche disposto a sacrificarsi per farla felice...
"Povero grullo!" gli direbbe Domenica, una dei vari inquilini del n. 44 che, però, non divide gli spazi con i ragazzi. E' una signora di 61 che la sa lunga e che, ben presto, diventerà una buona amica per Pat. Donna sagace, acuta, simpatica, Domenica è la vicina che ognuno vorrebbe avere. Almeno io la vorrei.  Una di quelle persone pronte a dare pane al pane e vino al vino, come si dice nel gergo, ma in modo garbato e ironico, senza essere mai sopra le righe. Pat entrerà in sintonia con lei a stretto giro.
Non riuscirà ad avere contatti, invece, con il piccolo Bertie. Un bambino di cinque anni che vive oppresso dalla madre. Un personaggio, quello di Bertie, che merita una considerazione particolare: è un piccolo genio, sua madre ne è convinta, e si comporta con lui di conseguenza. Le scuole normali non sono alla sua altezza, i bambini mediocri non sono alla sua altezza, le direttrici mediocri non saranno mai alla sua altezza. E quando il piccolo cerca di far capire ad Irene, sua madre, che odia suonare il sassofono e che non vuole parlare in italiano ma nella sua lingua madre come tutti gli altri, bhè, lei è sorda alla richiesta di aiuto di suo figlio perchè troppo impegnata a programmargli una vita a sua misura. Sua di lei, non sua di lui, sia chiaro!
Così, quando Bertie si comporta in modo ribelle per attirare l'attenzione sui suoi bisogno di bambino viene del tutto frainteso ed anche quando viene portato in analisi (eh sì, non ho sbagliato) l'esperto si trova in sintonia perfetta con la mamma, non certo con lui.
Mi ha fatto tanta compassione questo bambino e la sua situazione, decisamente estremizzata, mi ha fatto pensare a quante volte i bambini debbano subire le manie di grandezza degli adulti e quanto, spesso, debbano sacrificare il proprio essere bambino di fronte ad un'adeguata formazione sia essa culturale, sportiva, musicale o chissà cos'altro. Povero cucciolo! Avrei voluto entrare nella storia per rapirlo e portarlo al campetto a giocare a pallone, povero bambino!
Irene era una convinta sostenitrice dell'egualitarismo in ogni sua forma, è ovvio, ma ciò non doveva impedire di dedicare attenzioni adeguate ai bambini più dotati. La società aveva bisogno di persone speciali per raggiungere obiettivi egualitari. Purtroppo chi non eccelleva in niente - le persone comuni, come le chiamava Irene - spesso aveva idee tutt'altro che egualitarie.
E poi c'è Matthew: il figlio di papà, incapace di portare a termine qualunque cosa, uno smidollato di alto borgo ma personaggio dolcissimo e fin troppo remissivo. E' il datore di lavoro di Pat: possiede una galleria d'arte - ovviamente dono di papà - all'interno della quale non fa praticamente niente. Eppure, sarà proprio nella sua galleria d'arte che si verificherà un fatto che collegherà le vite di diversi personaggi che compaiono in questo libro e che ho nominato solo in parte.
Un tentativo di furto di un misterioso quadro, dal dubbio valore, provoca una serie di eventi che...
Non dico altro.

I personaggi hanno dei tratti ben definiti. Si fanno amare, si fanno odiare e l'autore li descrive alla perfezione. Credo che sia qui la chiave di lettura di questo libro. Sono i personaggi che incarnano la storia anche dove una vera e propria storia non c'è.

Ma è davvero così? Quando si intrecciano tra loro delle vite, c'è sempre una storia. Basta saperla individuare.

Pat è il personaggio dominante ma non è quello che mi è piaciuto più di tutti. Mi è piaciuto Matthew, mi è piaciuta Domenica e Bertie mi è rimasto nel cuore. Spero in suo riscatto futuro da questa madre ossessiva!

Con questa lettura partecipo alla challenge Leggendo SeriaLmente: si tratta del primo libro di una delle tre serie proposte dalle organizzatrici.

venerdì 17 febbraio 2017

I ragazzi dell'altro mare - Luca Di Fulvio

TITOLO:
 I ragazzi dell'altro mare

AUTORE: Luca Di Fulvio

CASA EDITRICE:
Gallucci Editore

PAGINE: 168

I ragazzi dell'altro mare è un altro di quei libri che ho letto per il progetto Un libro per l'ambiente che ci è stato proposto a scuola.

Tre ragazzini, Red, Max e Lily, ogni sabato e domenica stanno alla Baia del Sole dove, oltre un certo limite, la spiaggia si chiama il nulla.
Un sabato, sulla spiaggia, incontrano una vecchietta che raccontò loro la storia del nulla.
Un giorno, a scuola, decisero che quel fine settimana avrebbero detto ai genitori che facevano un campeggio sulla spiaggia per non dirgli che, invece, avrebbero esplorato il nulla. Un piccolo imbroglio, insomma, per poter andare indisturbati all'avventura: i ragazzini sapevano che, se lo avessero detto ai loro genitori chiedendo il permesso, la risposta sarebbe stata no.
Pur sapendo di andare contro la volontà dei genitori, e pur sapendo di andare incontro al pericolo - avevano infatti sentito dire che chi aveva provato ad esplorare il nulla non era più tornato indietro -  quel fine settimana andarono comunque e, da lì, iniziò un'avventura pazzesca...
Si troveranno ad incontrare personaggi fantastici, veri e propri mostri pericolosi (che in realtà hanno una particolare personalità) ed impareranno anche una bella lezione.  Una lezione importante per ognuno di noi.

Questo libro mi è piaciuto molto perchè amo i libri di avventura: fino ad ora, I ragazzi dell'altro mare è il migliore di tutti quelli che ho letto, anche se in alcune parti mi sono impaurita un  po'.

I tre ragazzini sono stati i miei personaggi preferiti: coraggiosi, avventurosi, pronti ad aiutarsi l'uno con l'altro anche se non sono stati proprio onesti con i loro genitori e questo, a dire il vero, non si dovrebbe fare. Però quando l'avventura chiama...

Alla fine del libro c'è il Diario di bordo di Max che è molto utile perchè ci fa sapere molte cose sul mare e sulle barche: sono degli appunti presi da Max e che riguardano la vita di mare. Riguardano soprattutto le parti della barca ed ho imparato che cose non sapevo.

Ci sono perecchie parole difficili ma io me le sono fatte spiegare da mamma 💖💖così ho imparato dei termini nuovi. Leggere è importante anche per questo!

Il libro è scritto a caratteri molto piccoli, più piccoli rispetto ad altri libri che ho letto, ma l'ho letto in quattro giorni proprio perchè l'avventura mi ha incuriosita molto e non vedevo l'ora di sapere come andava a finire.

Un grande abbraccio a tutti e grazie per essere passati di qui😘💖.
Dimenticato: molto bella anche la copertina, fa venire voglia di leggerlo solo a guardarla.

P.S. Con questo post partecipo al venerdi del libro.

giovedì 16 febbraio 2017

I nove custodi del sepolcro (M. Rua)


So benissimo che il numero nove usato nei titoli dei romanzi della Parthenope Trilogy non è usato a caso. Dalla valenza esoterica, simbolo di perfezione ed anche portafortuna per ammissione dello stesso autore che, in diverse interviste, ha ammesso di aver dato anche un valore di questo tipo al nove.
In realtà, nell’ultimo libro della trilogia – I nove custodi del sepolcro – fino a poche pagine dalla fine mi sono chiesta se il titolo fosse calzante con la storia o se fosse usato solo come elemento di continuità con i volumi precedenti. Certo è che per la gran parte del racconto la sensazione che mi ha pervaso mi ha fatto protendere più per la seconda ipotesi che non per la prima.

In ogni modo, titolo a parte, stavolta Lorenzo Aragona si trova alle prese con una vicenda quanto mai curiosa, che lo porta a contatto con miti e leggende di un tempo, mai così attuali! E’ sempre la città di Napoli a fare da scenario alle sue avventure e, questa volta, è la Napoli sotterranea a svelarsi pian piano mostrando un aspetto di se alquanto affascinante. Caverne, cunicoli, cisterne, possi, aperture segrete verso le viscere della terra nascondono segreti mai svelati e che, ora, si schiudono davanti ad un Aragona sempre più curioso sempre più coinvolto in faccende che hanno dei risvolti decisamente pericolosi. Per se ed anche per la sua amata Artemìs che – dimenticata definitivamente la sua brutta esperienza con una malattia che le stava per dare il benservito – è sempre più battagliera oltre che preparata.
Sarà proprio nella parte più segreta di Napoli, al di sotto del livello del mare, che verrà fatta una straordinaria scoperta ma l’avventura non finisce qui. Eh no! A tirare Aragona per i capelli in questa avventura sarà la scomparsa misteriosa di un amico: Sante Spiteri, che ha commesso l’errore di spifferare qualche cosa che avrebbe dovuto restare segreto e che, ora, ha messo in pericolo la sua vita.

E non solo. 

Da qui, dalla misteriosa scomparsa di Sante, prende avvio un’avventura ricca di mistero, sulla base di eventi storici che vengono proposti dall’autore con dovizia di particolari.
La Napoli misteriosa fa venire voglia di catapultarsi in mare quanto prima per raggiungerla: merito di un Martin Rua che riesce a trasmettere all’autore il suo amore per la sua città, anche quando parla di apetti meno conosciuti al pubbico come può essere quello dei vicoli sotterranei e di tutto ciò che essi possano nascondere.


Parthenope: questa volta, più che mai, il ruolo della sirena che porta questo nome e che, secondo la leggenda, fondò la città di Napoli, è di basilare importanza. Sirene, creature marine, biologia, genetica (e proprio per questo mi sono ritrovata piuttosto dubbiosa in merito al titolo… nodo che poi si scioglie alla fine con poche righe): invenzione o realtà? Miti, leggende o qualche fondamento storico c’è davvero in tutto ciò? A svelare l’arcano è lo stesso autore che, in coda al libro, offre delle note esplicative che aiutano a meglio comprendere il suo lavoro. Lui stesso dice che, anche se la storia sembra più fantastica che reale, non ha scritto un fantasy tanto che ha attinto a fonti ben precise.
Ho affronato teorie evoluzionistiche estreme, è vero, ho mescolato la storia con le leggende, ho spinto un po’ più in là le attuali conoscenze in campo genetico, ma non ho scritto un libro fantasy. Ho solo asservito alla mia fantasia tutto il materiale che ho consultato. Sperando, in fin dei conti, di aver divertito il lettore.

A me, a dire il vero, questo ultimo episodio della trilogia ha intrigato più degli altri probabilmente propoprio per via dei riferimenti al mare, alle sirene, ad esseri misteriosi.
La storia è scorrevole anche se, in alcuni punti, segue ritmi altissimi con situazioni che rischiano di far perdere il lettore. Si legge bene e mi ha particolarmente colpita la mole di informazioni che Rua mette a disposizione del lettore su riferimenti a luoghi, leggende, misteri. Intrigante. Ammetto di non essere una lettrice che va alla ricerca di chissà quale perfezionismo su argomenti di questo tipo.

Questa lettura mi ha divertita, Aragona mi è proprio simpatico – e lo è pure l’autore, anche se non lo conosco – mi piacciono i ruoli femminili che Rua propone (in questo caso Anna ma anche l’anziana signora che tutto è meno che una vecchietta che fa la calza) e concludo dicendo che la Parthenope Trilogy non mi è dispiaciuta affatto.
Saranno pure argomenti molto sfruttati, triti e ritriti (le cattedrali, i sepolcri e tutto il resto) ma Rua mi sembra molto preparato e trasmette la sua conoscenza ed il frutto delle sue ricerche in modo intrigante, in un giusto mix con racconti di fantasia.
Questo mi basta.


Con questa lettura partecipo alla challenge Leggendo SeriaLmente visto che è il terzo libro della trilogia che ho scelto in risposta al primo obiettivo: serie scritta da un autore italiano o straniero.

martedì 14 febbraio 2017

L'acqua di Bumba - Roberto Piumini

TITOLO: L'acqua di Bumba
AUTORE: Roberto Piumini
CASA EDITRICE: Le rane interlinea
COLLANA: Interlinea Junior
ILLUSTRAZIONI: Monica Rabà
PAGINE: 31

L'acqua di Bumba è il secondo dei libri che ci hanno portato a scuola per il progetto "Un libro per l'ambiente" e che ho letto in questi giorni.

Per la prima volta Bumba va alla sorgente a prendere l'acqua per il suo villaggio insieme alle donne e agli altri bambini.
Durante il viaggio di ritorno incontra per tre volte un uomo che chiede un po' della sua acqua: prima per il suo cane, poi per una povera pianta secca e infine per se stesso.
Bumba, donando sempre l'acqua, se la finice e quando arriva nel suo villaggio, il capo della tribù lo rimprovera perchè la sua giara è vuota. L'acqua in quel villaggio è molto preziosa perchè ce n'è poca.
Bumba lo sa, ma...

A dire il vero questo libro mi è piaciuto - anche se è corto - per diversi motivi:
- perchè in ogni pagina c'è una figura che, per me, aiuta anche a capire meglio la storia;
- perchè nella storia si svolgono scene di generosità;
- perchè parte del ricavato della vendita del volume va al progetto Acqua e igiene nelle scuole, in Tanziania, pe forniture e installazioni di un pozzo, due cisterne da venti metri cubi, 12 gabinetti separati e due lavabi per 60 scuole, compresa l'educazione all'igiene e la formazione per glli insegnanti locali;
- perchè è stampato su carta riciclata;
- perchè questo libro vuole comunicare qualcosa che... lo scoprirete leggendolo.

Il mio personaggio preferito - che è anche il protagonista - è Bumba perchè compie diversi atti di generosità.

E' una storia che potrebbe essere successa davvero ed è un racconto che ha una morale, cioè vuole insegnarci qualcosa.

In questa storia non ci sono molte parole difficili - una, due massimo - per cui la lettura è scorrevole e per niente difficile da comprendere.

Già dalla copertina si capisce che non si ambienta in un deserto perchè c'è qualcosa che lo fa capire; i caratteri non sono molto piccoli, ma quello che mi è piaciuto di più di questo libro (oltre alla storia) sono le immagini che sono molto particolari, non come si potrebbe pensare. 

domenica 12 febbraio 2017

Perduti tra le pagine (M. Oggero)

L'aspetto positivo di questo libro è che si legge in fretta. L'aspetto negativo è... bhè... non mi è piaciuto. Perduti tra le pagine è un libro leggero, forse troppo (almeno per i miei gusti). Ci ho speso dieci euro per comprarlo e, onestamente, se tornassi indietro non lo rifarei. Mi spiace, ma è così!

Due bambini prima, una terza bambina poi, si perdono alla Fiera del Libro di Torino. Questa è la trama. Non hanno per niente paura, anzi, trovano il modo per divertirsi ed anche per acquistare e sfogliare qualche libro. Ovviamente vengono cercati in lungo e in largo all'interno dei vari padiglioni espositivi mentre i loro genitori stanno tranquillamente portando avanti la loro vita. Eh si, perchè Leone, Orso e Giulia sono alla Fiera del Libro senza i propri genitori: Leone è con la baby sitter, Orso e Giulia con le insegnanti della Scuola per l'Infanzia che frequentano. 
I genitori sono ignari di quanto sta accadendo visto che si pensa di risolvere tutto entro breve - si mobilita la sicurezza del Salone - fino a che il passare delle ore non impone di avvertirli visto che si teme che sia successo qualche cosa di grave.
Loro, i bambini, se ne stanno tranquilli e sereni in un posto sicuro, soprattutto consapevoli del fatto che gli adulti li stanno cercando e non se ne curano minimamente.

La narrazione alterna spezzoni di vita delle famiglie di questi bambini - dei singoli genitori, a dire il vero, che poi vanno inquadrati nel concetto di famiglia - a quanto accade al Salone. 
Così, si scopre che Leone ha appena avuto una sorellina ed è geloso (ma, onestamente, da quel che ho capito io non si è certo allontanato per via di tale gelosia quanto perchè si annoiava in quell'angolino in cui era stato lasciato) con una madre che appare diversa dal prototipo di neomamma innamorata della sua creaturina ed un padre che fa un mestiere intrigante, il dj, e lo sfrutta appieno anche sul fronte donne.
E poi si scopre che Giulia ha un padre violento ed una madre che subisce in silenzio, ma non credo che per dare un calcio ad un amichetto serva per forza tirare in ballo la violenza in famiglia visto che è piuttosto comune che una bimbetta reagisca davanti ad un amichetto che dice brutte cose del suo fidanzatino.
Orso. Bhè, lui balbetta (ma scopre anche che non sempre è così) ed è un bambino tranquillo. E' molto curioso, ha molta fantasia e si trova subito a suo agio con Leone. 

Non sono riuscita ad apprezzare questo libro. Non mi è piaciuto lo stile narrativo - frettoloso a volte, quasi ermetico ed avaro di descrizioni - con momenti di vera noia quando, soprattutto, viene descritta l'occupazione dei bambini mentre attorno tutti li cercano. Un esercizio di fantasia, il loro, che mi è sembrato necessario più per allungare la storia che per dare elementi utili al lettore. Che si sono allontanati volontariamente ed in estrema tranquillità è chiaro fin da subito, non serviva altro per rendere l'idea. Mi sono piaciuti i riferimenti ai libri, questo sì, la meraviglia manifestata dai bambini davanti a tutti quei volumi e le loro considerazioni in merito, la loro fantasia che si scatena con poco. Questo mi è piaciuto.

Ho trovato anche un piccolo refuso. Lo vogliamo chiamare così? 
L'ispettrice, che dovrebbe avere un quadro completo della situazione visto che più e più volte le è stato illustrato quanto accaduto, non si spiega cosa abbia spinto Leone, il primo bambino, ad eludere la sorveglianza delle maestre. 
Eh no, Leone non era con le maestre ma si è allontanato da uno stand in cui la sua baby sitter l'ha lasciato a leggere un libro, affidato ad una sua amica distratta dal lavoro, mentre lei cercava di incontrare il suo autore preferito. E' Orso che si è allontanato dalle insegnati... Lo so, sono pignola, ma l'ho notato.

In ogni modo, il personaggio che mi è piaciuto più di tutti è Leone: un bambino che dimostra di essere molto più maturo dei suoi sei anni, un vero leader già riconosciuto come tale da Orso che a lui si accoda in estrema fiducia.

Con questo libro partecipato alla challenge La ruota delle letture. Mi è stata assegnata la Luna nera, una copertina misteriosa che, secondo me, è questa.

sabato 11 febbraio 2017

Peter Nimble e i suoi Fantastici Occhi (J. Auxier)

Peter è un orfano ritrovato da alcuni marinai in una cesta che galleggiava in mezzo al mare. E' cieco: i corvi gli hanno beccato via gli occhi. Un bambino sfortunato, senza radici, senza affetti, cresciuto in un ambiente a lui ostile nel quale ben presto ha scoperto di avere un dono: è il più grande ladro della storia. Ha delle abili mani con lunghe dita capaci di sgraffignare qualunque cosa in modo del tutto indisturbato, capaci di aprire anche i lucchetti più sicuri, ha la capacità di non farsi sentire mentre si avvicina alle prede e di passare inosservato senza alcun problema tra la folla.

Così inizia la storia narrata nel libro Peter Nimble e i suoi Fantastici Occhi: lui di occhi non ne ha più da quando è stato attaccato dai corvi ma ha acuito tutti gli altri sensi, tanto da riuscire a muoversi ed orientarsi senza problemi. La stura storia inizia quando incontra un personaggio molto particolare, capace di leggergli nel pensiero: è il Cappellaio che conserva una misteriosa scatola. Può, forse, il più grande ladro del mondo non lasciarsi incuriosire da quella scatola? Bhè... la ruba per vedere cosa contiene. Sorpresa delle sorprese, contiene tre paia di occhi magici che Peter dovrà usare con cautela visto che ognuno ha un potere particolare dovuto alla magia grazie alla quale sono stati creati. Creati per lui! Sulle prime non se ne rende conto, non capisce di essere proprio lui il destinatario di quelle strane palline ma ben presto ne assumerà consapevolezza.
Peter è incredulo: lui, un orfanello ai margini della società, un ladro, un bambino dimenticato tra gli ultimi, destinatario di un così importante dono? Da parte di chi? Come mai?

La sua storia viene narrata con ritmo calzante, piena di colpi di scena, di personaggi fantastici, in situazioni difficili e particolari. Peter non si perderà mai d'animo. Anche quando sarà sul punto di farlo troverà la motivazione per portare a termine la missione che gli viene assegnata nel momento in cui gli vengono donati gli occhi. Si troverà catapultato in un mondo a lui sconosciuto, con un messaggio misterioso in mano e con la sua preziosa scatola da difendere: quella che contiene i suoi occhi.

Peter dimostrerà di essere un ragazzino coraggioso, altruista, apprensivo, pronto a rischiare la sua vita per gli altri. La sua vera natura lo guiderà e lo aiuterà in un'impresa degna delle più fantasiose avventure. Incontrerà dei personaggi che gli resteranno accanto, altri che lo tradiranno, altri ancora pronti ad ucciderlo.

E' una storia carica di emozioni, un'avventura a 360 gradi narrata con dovizia di particolari da un autore che mi ha positivamente stupita. Avevo acquistato tempo fa questo libro con l'idea di donarlo a mia figlia che, però, ne ha lette poche pagine per poi lasciarlo a sedimentare sulla mensola della sua cameretta. Solo quando ho iniziato a leggerlo anche io ho capito perchè: è una bambina molto sensibile e l'idea che un corvo possa beccare via gli occhi ad un bambino l'ha impressionata. Devo dire che di scene un po' forti che ne sono anche più avanti ma nel complesso è una bella avventura: Peter troverà il suo posto nel mondo e se lo conquisterà lottando con le unghie e con i denti contro chi, invece, vorrebbe respingerlo ed annientarlo.

Qualcuno ha creduto in lui, nelle sue capacità e, forte di ciò, porterà a termine la sua missione. Una missione di cui prendere consapevolezza strada facendo, grazie al suo intuito ed alla sua intelligenza.

Non mancano colpi di scena imprevedibili: a dieci anni è stato capace di attirare tutta la mia attenzione e sono certa che un libro così meriterebbe di essere maggiormente pubblicizzato, al pari di saghe più famose di cui si è parlato in ogni dove. 

Peter è il personaggio che domina su tutti: è il protagonista assoluto, nel bene e nel male. L'autore ha reso alla perfezione la sua personalità ed il fatto di avere a che fare con un ragazzino cieco lo ha impegnato in descrizioni sempre più minuziose di ciò che gli accade attorno, tanto da coinvolgere sempre più il lettore.
E' un racconto di fantasia e, come tale, va preso: alla magia degli occhi se ne legano tante altre con situazioni impensabili nella realtà. Ma in un libro così tutto ci può stare. Anche corvi che parlano, scimmie che tengono in schiavitù tutti i bambini del regno e, soprattutto, occhi capaci di... bhè, questo non posso svelarlo.
Non viene spiegato come abbia fatto a sopravvivere fino all'età di dieci anni visto che è stato abbandonato ma la sua capacità di pensare a se stesso emerge fin da piccino. Ruba per necessità, non per cattiveria e passa anche questo, di messaggio: sono le situazioni che si trova a vivere che lo costringono a rubare e lo fa talmente bene che quella di essere il ladro più abile del mondo sarà una caratteristica che non lo abbandonerà mai e che, anzi, gli salverà la vita in più occasioni.
In verità a Peter non dispiaceva così tanto star chiuso in cantina. Essendo cieco, il buio non gli dava fastidio e star lì seduto era molto meglio che andarsene in giro a svaligiare le case della gente perbene. Con tutto quello che facevadi male (e non c'è dubbio che rubare è male) Peter era pur sempre un bambino buono e avrebbe preferito di gran lunga non avere a che fare con i furti.
E' una storia di riscatto personale, è una storia di amicizia, di coraggio che lascia emergere la cattiveria dell'animo umano (di qualcuno, ovviamente, non di tutti) a discapito dei più indifesi
Peter è un ragazzino che si saprà far amare dal lettore, entrerà furtivo nel suo cuore per poi non uscirne più. Alla fine scoprirà anche che l'apparenza inganna, che non tutto ciò che sembra negativo in effetti lo è ed è quello che farà emergere ciò il colpo di scena più grande, secondo me.

E' un libro per ragazzi ma io lo suggerisco anche per i più grandi, per chi ama l'avventura, per chi lascia volare via la fantasia verso mondi incantati e situazioni magiche. A me è piaciuto, e ragazzina non lo sono più da un po', ahimè!!!

Avevo in mente da tempo di leggere la storia di Peter, aspettavo solo il momento giusto che è arrivato con uno dei nuovi obiettivi che mi sono stati assegnati dalla challenge La ruota delle letture.
Mi è stato chiesto di leggere un libro che parlasse di magia: più magia di così?