venerdì 30 giugno 2017

Afrodite bacia tutti (S. Signorelli) - Venerdi del libro

Originale. E' senza dubbio originale l'idea di Stefania Signorelli di inserire i miti greci in un'epoca contemporanea in cui personaggi che ne portano il nome ne incarnano, seppur in parte, le caratteristiche.
Nel libro Afrodite bacia tutti l'autrice raccoglie storie brevi di personaggi moderni con nomi antichi. Niente di straordinario, si potrebbe pensare: io conosco un signore che si chiama Sandokan eppure non ha niente a che fare con la Malesia. E invece no. In questo caso Pandora, Teseo, Arianna, Mida, Achille, Efesto, Megera e tutti gli altri portano addosso qualche cosa dell'antico mito da cui hanno preso il nome. Nel carattere, per lo più, così come nei comportamenti che richiamano la mitologia greca. Alcuni in modo più marcato (penso a Megera, che si comporta in linea con ciò che il suo nome richiama) ed altri meno così come alcuni racconti sono più efficaci di altri: ci può stare, in una raccolta, che non tutto ciò che viene raccontato piaccia allo stesso modo. Mentre in un romanzo è l'insieme che permette di farsi un'idea del libro, in una raccolta di racconti ci si può fare un'idea diversa per ognuno.

Io non amo i racconti, l'ho sempre detto e sono coerente con tale posizione: li trovo sempre troppo brevi per i miei gusti, poco strutturati e li considero a mo' di traccia per quello che avrebbe potuto essere un libro sviluppato con ognuno di essi. Questa volta, però, devo dire che la rapidità nella narrazione, l'immediatezza con cui i personaggi vengono resi al lettore, me li ha fatti considerare come racconti compiuti così come sono stati proposti.
Le storie sono brevi ed intense, alcune violente, altre più romantiche: in ogni racconto emerge la profonda umanità di ogni personaggio. Umanità che si esprime con momenti di profonda voglia di vendetta (come nel caso di Megera) o nella noia dovuta alla mediocrità di una routine oramai divenuta pesante (come nel caso di Achille), al perdersi e al ritrovarsi (come nel caso di Teseo), alla paura che altri vogliano soffiare da sotto il naso i propri averi (come nel caso di Mida). 

Un'umanità varia, quella proposta dalla Signorelli, che viene proposta in 13 racconti che fanno emergere le diverse facce di esistenze che hanno molto da dire oltre all'apparenza, alla quotidianità.

Scrittura asciutta, immediata, senza fronzoli, quella di Stefania Signorelli, in un volume dal formato che mi è molto gradito: piccino, non pesante, adatto per essere tenuto sempre in borsa (abitudine, questa, che ho oramai preso da un po' e che con pesanti tomi diventa una vera tortura). 

Mi è particolarmente piaciuto un personaggio che non porta il nome di un mito greco ma che mi è rimasto più simpatico degli altri: si tratta di Gino, l'ultra centenario che la fa da padrone nella casa di riposo Villa Serena. Mi è piaciuta una descrizione, in particolare, rispetto al suo modo di essere:
Gino lancia le parole per aria, gli cadono sotto il tavolo, spuntano da dietro il televisore e diventano un teatro, una città, un'amante già morta, un figlio che lo ha abbandonato, le rose della moglie che rifioriscono splendide per appena un attimo sul pavimento del salone.
Me lo immagino, Gino: un vecchietto che ama raccontare di tutto e di più, intrattenendo i presenti ma soprattutto se stesso, così vicino alla fine da non volerle dare troppo spazio, quello spazio che il silenzio potrebbe riservare a pensieri che della prossima morte avrebbero il sapore. Eppure Gino non riesce a sfuggire a pensieri negativi sulla sua salute, su quanto gli resti da vivere. E' un po' ciò che capita a tutte le persone avanti con l'età, no? Magari sono persone loquaci, anche troppo a volte, ma non si pensa mai che questo modo di relazionarsi con il mondo potrebbe essere un meccanismo di difesa rispetto alla consapevolezza del tempo che sta per scadere.

Ribadisco che si tratta di una lettura particolare ed originale.
Segnalo questo libro per il Venerdì del libro di oggi e partecipo, con questa lettura, alla Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo n. 4: un libro che nel titolo riportasse una parola con una consonante doppia vicina.
 

martedì 27 giugno 2017

Il rumore delle cose che iniziano (E. Greco)


Ada e sua nonna Teresa sono le protagoniste di una storia tenera ma profondamente triste, quella raccontata da Evita Greco nel libro Il rumore delle cose che iniziano. Tristezza: è quanto mi ha trasmesso questo libro che poi solo alla fine, grazie alle parole della stessa nonna Teresa, sono riuscita a mettere meglio a fuoco.
Non tristezza ma malinconia. Quella che pervade Ada convinta com'è di essere sempre alle soglie di un abbandono. Ad abbandonarla, per la prima volta nella sua vita, è stata sua madre. Ad aveva appena tre anni quando sua madre ha deciso di avere di meglio da fare che non prendersi cura di una bambina. Così, l'ha lasciata a sua madre, nonna Teresa che ha promesso a se stessa di amare quella creatura, di proteggerla e darle tutto ciò che la vita deve dare ad una bambina, prima, ad una ragazza ed una donna poi. Eppure Ada è pervasa da una malinconia costante. Non ha un lavoro e quando parla della lista dei lavori da fare parla di situazioni alquanto bizzarre che danno l'idea di quanto sia una giovane fuori dalla realtà. E' come se vivesse ad un metro da terra, in una bolla che la porta a destra e sinistra permettendole di affinare una sensibilità tutta sua ma anche un carattere particolare, infantile se vogliamo, ingenuo... 

Nonna Teresa si ammala e la vita prepara un altro abbandono per Ada che, ora più di quando aveva tre anni, non ha gli strumenti giusti per affrontare ciò che l'aspetta. Il suo legame con sua nonna è molto forte tanto che non ha altro motivo di vita. La nonna ha la precedenza anche su Matteo: quel ragazzo che le ha rubato il cuore ma che si comporta in modo un po' strano, a volte. 

Non sono del tutto imparziale rispetto a questo libro: è una storia che non propone grossi colpi di scena, quella di Ada e di sua nonna. Ma avendo ancora vivo il dolore per la perdite della mia, di nonnina, con la quale avevo un legame molto forte (anche se non paragonabile, soprattutto per le varie vicissitudini poste dalla vita, a quello di Teresa ed Ada visto che io non sono stata abbandonata da mia madre), la parte che riguarda loro due mi ha commossa e mi ha toccata. 

Matteo... Matteo è un amore strano. Ada non fa che parlare di lui con Teresa e con Giulia, l'infermiera della nonna che si è affezionata a tutte e due. Ed è proprio il rapporto che viene a crearsi tra Ada e Giulia che, secondo me, rappresenta una nota stonata. Soprattutto alla luce dei tanti discorsi che le due fanno sulla scala antincendio - loro luogo di ritrovo - dopo la fine del turno di lavoro di Giulia, che l'evolversi della storia mi è sembrato un po' inverosimile. Non posso dire altro, però... Posso dire che la svolta si intuisce con molta chiarezza e non rappresenta una grossa sorpresa.

Inutile dire che il personaggio che mi è piaciuto di più sia stato quello della nonna. Ho letto tenerezza in quegli occhi puntati nel vuoto, profondo amore in quelle mani nodose che accarezzano il viso di Ada... ed ammetto di aver rivisto la mia, di nonna, fino alla fine. Fino all'ultimo pensiero che ha riservato a sua nipote.

La storia tra Ada e Teresa è la parte principale del racconto che, dalla metà in poi, lascia più spazio a Matteo e al suo modo di amare.
Arriva proprio qui la parte più sconvolgente o che, almeno, vorrebbe essere tale visto come vanno le cose.

Non dico altro, non sarebbe corretto.
Con questa lettura partecipo alla Challenge From Reader to Reader 2.0.  

venerdì 23 giugno 2017

L'universo nei tuoi occhi (J. Niven) - Venerdì del libro

Risparmiati pure quel sorriso. Con me non attacca. Ti lamenti di sentirti isolato, ma il problema non sei tu, non il tuo disturbo. Fingi in continuazione di essere quello che gli altri si aspettano da te. E' questo che ti isola. Questo ti frega. Perchè non cerchi di essere semplicemente te stesso?
E' Libby che parla a Jack. Ed è lei a sintetizzare, nelle ultime pagine del libro, il messaggio che l'autrire lancia ai lettori.

Lui ha un disturbo molto particolare. Ha diciassette anni e non riesce a riconoscere il volto delle persone. Tutti gli appaiono costantemente come degli sconosciuti. Anche i suoi familiari. Serba questo segreto non senza fatica perchè non è facile nascondere un problema di questo tipo con le persone che si hanno accanto.
Libby è l'adolescente più grassa d'America. Così si descrive. E' ingrassata a tal punto che, qualche anno prima, sono dovuti intervenire i pompieri e demolire parte della sua casa per farla uscire. Ora è dimagrita rispetto ad allora ma non tanto da essere uguale a tutti gli altri studenti che si ritrova attorno. Quelli che non mancano di sgranare gli occhi al suo passaggio e, in più d'un caso, di ricoprirla di offese e gesti offensivi.

Jack e Libby. Due adolescenti soli pur se inseriti in un mondo fatto di persone. Soli nella loro diversità. 
E' questo che parla il libro L'universo nei tuoi occhi: di solitudine e di diversità. Ma parla anche di fragilità e di coraggio, di una vita che mette continuamente alla prova sia l'uno che l'altra ma che, anche se in un modo piuttosto bizzarro, li fa incontrare.
Sono talmente diversi tra loro che si attraggono.
Si attraggono e si respingono allo stesso tempo, tanto da farsi reciprocamente male anche se non lo vorrebbero.

E' un libro ben scritto, scorrevole e per niente banale. Il titolo potrebbe far pensare ad una banalissima storia d'amore. Non è affatto così.
Viene narrata una storia di sofferenza silente, di personalità fragili che si devono inventare una corazza per difendersi da un mondo che non è pronto ad accettarli per come sono. 
Ma in quale misura devono essere gli altri ad accettare la diversità prima che noi stessi siamo pronti a farlo? E' un interrogativo che emerge dal racconto. 

Libby, dei due, è il personaggio più forte. Non ha avuto una vita facile ma questo non le impedisce di inseguire i suoi sogni o di camminare a testa alta tra coloro che la scherniscono. E non è facile. Per niente facile, direi. La sua forza viene dalla sofferenza, che pure non le manca. Una sofferenza che, però, la spinge a relazionarsi con il mondo senza filtri e senza nascondersi. E' il suo modo di mordere la vita e gustarsela fino alla fine.
Jack, invece, pur essendo un bel ragazzo, pur avendo un bel gruppetto di amici (che però fa fatica a riconoscere ogni giorno) si adatta alla situazione. Nasconde il suo vero io e lo sacrifica sull'altare della serena convivenza con il resto del mondo.

Fino a che Libby e Jack non si incontrano. O, meglio, finchè non si scontrano.
Le loro vite saranno destinate a cambiare dopo quello che per Jack voleva essere un gioco per omologarsi al gruppo (perchè è questo che il gruppo si aspettava da lui) e che per Libby è una profonda umiliazione. 
Le loro vite cambiano e nessuno dei due può farci niente.

Bel libro, storia importante. 
In alcuni momenti ho fatto fatica a districarmi tra i nomi dei tanti personaggi che si alternano soprattutto tra gli amici dei due protagonisti e... devo ammettere di essermi sentita un po' come Jack!

Con questa lettura, che consiglio, partecipo alla terza tappa della The Hunting Word Challenge e la parola utile per la gara è OCCHIO che trovo nel titolo così come viene raffigurato in copertina.
Inoltre, partecipo anche alla Challenge From Reader to Reader 2.0 in quanto è uno dei titoli suggeriti dalle partecipanti. Colgo l'occasione per ringraziare chi lo ha suggerito: probabilmente se non fosse stato per questa gara e questo suggerimento non l'avrei mai letto! 
Infine, segnalo questa lettura per il Venerdì del libro di oggi.

martedì 20 giugno 2017

La biblioteca delle anime. Il terzo libro di Miss Peregrine. La casa dei ragazzi speciali (R. Riggs)

Li abbiamo lasciati in difficoltà, gli Speciali di Miss Peregrine che, nel secondo volume della serie, non solo non sono riusciti a trovarla e salvarla, ma hanno visto anche il loro gruppo smembrarsi.
Ed è proprio dal punto in cui li avevamo lasciati che la storia prosegue con Jacob ed Emma rimasti soli con il cane parlante Addison a cercare prima i loro compagni catturati per poi rimettersi sulle tracce di Miss Peregrine.

Non si può certo dire che non sia un libro avventuroso: Riggs non si risparmia e mette in campo tutta la sua fantasia per rendere partecipe il lettore in prima persona, quasi come fosse davvero accanto a Jacob, quasi come sentisse il fiato fetido dei Vacui o il calore delle mani di Emma.

Il terzo libro della serie - La biblioteca delle anime - introduce alcune novità e parecchie sorprese. Innanzitutto i ragazzi si troveranno in un ambiente a cui non appartengono, dove trovano il peggio del peggio ed hanno a che fare con Speciali messi in mostra e venduti, con Speciali che hanno perso molto del loro carattere e che si trovano perennemente ad elemosinare l'ambrosia, droga di quel momento, ma anche con Vacui con i quali - qualcuno più, qualcuno meno - Jacob riesce a mettersi in contatto affinando sempre più il suo lato Speciale.

Ma il punto focale del racconto, secondo me, è l'incontro con Bertham: un personaggio che all'inizio i due non riescono bene ad inquadrare ma che poi si rivelerà essere dalla parte dei buoni pur avendo dei precedenti che fanno sorgere qualche dubbio in Emma. Dubbi che vengono fugati da Jacob, convinto che di lui ci si possa fidare. Sarà davvero così?

Bertham racconta una storia che va a comporre un puzzle che i due ragazzi conoscevano solo in parte, nella versione raccontata da Miss Peregrine. Restano sgomenti quando comprendono quale rapporto leghi quell'uomo a Miss Peregrine e al cattivo di turno. Soprattutto, a sconvolgerli è il racconto di quali siano stati, nel tempo, i rapporti con suo fratello: quel Caul sulle tracce del quale i due ragazzi si sono messi e la cui minaccia è sempre più vicina. A quanto pare ha bisogno di Jacob e lui ne è perfettamente consapevole perchè, grazie alle rivelazioni di Bertham, sa quali sono i suoi piani!

Emma e Jacob riusciranno a liberare Miss Peregrine e gli Speciali? Possono davvero fidarsi di coloro che hanno incontrato lungo il loro cammino e si sono mostrati loro amici?
Cosa c'è scritto nel futuro di Jacob? Sarà un futuro normale, come era prima, o speciale tra i normali, come era suo nonno?

Sono tante le vicende che si susseguono in poco meno di 500 pagine. Il ritmo della narrazione non rallenta mai, questa è l'impressione che ho avuto io. A dire il vero ho anche avuto l'impressione l'arco temporale nel quale è successo tutto ciò che viene narrato fosse molto ampio ma è una percezione scorretta.

Anche in questo terzo volume la storia è arricchita e completata con delle foto molto particolari che vengono puntualmente descritte di pagina in pagina. Se per il primo volume la presenza delle foto è stata una sorpresa, poi consolidata nel secondo, nel terzo ne avrei volute  vedere di più, di foto, visto che le ambientazioni cambiano continuamente, i personaggi che Jacob incontra sono tanti e tutti capaci di stuzzicare la curiosità.

Un particolare che ho notato per caso: gli autografi dei personaggi principali, compreso quello di Addison, il cane!  Carina come idea!
Me ne sono accorta proprio per caso: ho letto questo libro al mare e volevo evitare di rovinare la copertina... di solito non la tolgo mentre stavolta...

Un'ultima cosa: nel secondo volume lamentavo la quasi totale mancanza di riferimenti alla famiglia di Jacob che se lo è svisto sparire da sotto al naso da un giorno all'altro, dopo continue sedute dallo strizzacervelli. Tornerà da loro? Come lo accoglieranno?

Meglio che non dica nulla in proposito così come sul finale, altrimenti tolgo il gusto della lettura.
Ho letto con piacere questa trilogia che, probabilmente, se non fosse stato per la challenge Leggendo SeriaLmente probabilmente non l'avrei mai presa tra le mani: si tratta di una delle serie proposte dalle organizzatrici. 

lunedì 19 giugno 2017

La rete di protezione (A. Camilleri)

No, no, era da tempo che sapiva chela virità, certe vote, è meglio tinirla allo scuro, allo scuro cchiù fitto, senza manco la luci di un fiammifiro.
Con questa considerazione si chiude l'ultima avventura (ultima in ordine di tempo, ma spero che non sia l'ultima in assoluto) di Salvo Montalbano, proposta da Camilleri nel libro La rete di protezione. Una considerazione che racchiude che non si può non condividere. E' vero, a volte la verità è meglio che resti nell'oscurità più assoluta perchè le conseguenze del suo venire alla luce possono essere peggiori di quanto non si possa pensare.

Montalbano torna al cospetto dei lettori con le caratteristiche che l'hanno reso famoso: una fame che lo attanaglia a tutte le ore, un legame con Livia che viene costantemente sacrificato sull'altare del lavoro, un acume che non è affatto casuale e che lo rende in gamba, molto in gamba. 
E Camilleri torna con la sua narrazione in vernacolo, tanto divertente e simpatica quanto incomprensibile in alcuni passaggi ma non tanto da rendere difficile la lettura. Almeno per me.

Le due storie in cui si imbatte Montalbano hanno, come l'autore stesso osserva alla fine del libro, lo stesso movente: la protezione. 
Protezione dai bulletti della classe in un caso.
Protezione dalla vita, nell'altro. Perchè ci sono persone che, a volte, debbono essere difese da ciò che la vita riserva loro, soprattutto se l'affrontano con una difficoltà in più rispetto agli altri.

Nel primo caso devo dire che l'epilogo è piuttosto prevedibile ed anche nell'altro non ci si mette molto ad arrivare a districare la matassa ma questo non incide negativamente sulla narrazione. No, perchè Camilleri come al solito porta per mano il lettore e lo fa anche con simpatia - come non sorridere davanti ai dialoghi tra Montalbano e Fazio o Montalbano e Catarella? - senza mai rendere la storia pesante anche quando l'uso di espressioni dialettali (quasi per il 90% del libro) potrebbe farlo pensare.

Emerge ancora una volta il legame con Livia con tutte le sue debolezze. Ad un certo punto mi è venuto da dire a Livia che, forse, sarebbe meglio che una volta per tutte decidesse di trasferirsi a Marinella per stare accanto al suo Salvo ma poi mi sono detta che, conoscendolo, forse lui troverebbe anche sul posto qualche scusa per tenersi occupato, lontano da Livia. Non che lo faccia di proposito ma è più forte di lui: il suo senso di responsabilità ma anche la necessità di avere una vita propria lo portano spesso ad anteporre altro alla voglia e alla necessità di passare del tempo con la sua amata.

Fondamentale il ruolo di Adelina: senza i suoi manicaretti, povero Salvo! Morirebbe di fame o starebbe sempre al ristorante. Le scene in cui viene descritto Montalbano che apre speranzoso il frigo o il forno sono davvero drammatiche quando dentro non vi trova nulla!

Vengono affrontati due temi molto attuali, con delicatezza ma, allo stesso tempo, con forza: il bullismo e la disabilità. Temi importanti rispetto ai quali la penna dell'autore traccia linee leggere ma capaci di lasciare il segno nel lettore che, alla fine, conviene con lui circa la necessità di mantenere la verità nel buio più assoluto, a volte!

Anche se le due storie si concludono senza troppi colpi di scena, ho letto con piacere questo libro che consiglio agli estimatori di Camilleri e di Montalbano con un'unica raccomandazione: attenzione a come è scritto perchè, se si fa fatica con la lingua usata, la lettura si rallenta e diventa difficile seguire alcuni passaggi importanti. Io devo ammetere di aver letto per me stessa - ero sola soletta - interi capitoli a voce alta perchè mi piace il suono di quelle parole... Sarò impazzita o sarà l'effetto Montalbano? 

Con questa lettura partecipo alla Challenge The Hunting Word Challenge. La parola utile per la gara è GABBIA che trovo raffigurata in copertina e che si ricollega con la parola RETE che si legge nel titolo.
 
Inoltre, partecipo alla  alla Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo n. 14: leggi uno dei primi cinque libri della classifica settimanale di ibuk.it.
 

domenica 18 giugno 2017

Un giorno di primavera (M. Capasso)

La storia è banalissima. I personaggi sono banalissimi anche se l'autrice tenta di renderli profondi con riflessioni inverosimili e dialoghi che, nella vita reale, non avverrebbero mai. 
Ma ciò che mi ha maggiormente indispettita nel leggere il libro Un giorno di primavera sono stati i molteplici errori che si ripetono abbondantemente dall'inizio alla fine. 
Uno ci può stare. Due si possono sopportare ma decine di frasi sbagliate, errori grossolani di battuta ma anche di sintassi mi hanno fatto  venire la tentazione di scagliare il Kindle sul primo muro disponibile. Poi mi sono detta che non era colpa del dispositivo se i contenuti erano così scadenti e mi sono rassegnata: questo libro è stato un completo disastro. Mi spiace per l'autrice ma non solo la storia non funziona, ma la miriade di errori disseminati ovunque ha dato il colpo di grazia ad una trama di per se insignificante.

Lei, Camilla, ha alle spalle una bruciante delusione d'amore. Si consola con gli amici ed una sera decide di andare a ballare anche se non è spinta da un grande entusiasmo. Un ragazzo a lei poco gradito tenta un approccio e lei si sente persa fino a che qualcuno non la salva, diciamo così. Il contatto con questo qualcuno è di pochi secondi, nemmeno lo vede in faccia tanta è la velocità con cui si dilegua ma lei parte di testa, si innamora perdutamente. 
Peccato il momento sia davvero così fugace che è impensabile un innamoramento così profondo nei confronti di un'ombra... e peccato che nella pagina in cui si descrive questo attimo si debba assistere alla morte della grammatica e della sintassi, definitivamente finita in una tomba!
Anche stavolta, ma un minimo di editing, no?
Ma perchè si mette in giro roba di questo genere? Non è possibile, suvvia!
Come può essere credibile un libro proposto in questo modo? 
La storia prosegue con dei misteriosi messaggi che arrivano al domicilio di lei da parte di quello sconosciuto. C'è uno scambio epistolare piuttosto anomalo e il finale è tanto banale quanto tutto il resto. 
Se poi si pensa a tutti gli errori in cui ci si imbatte bhè... per fortuna che erano solo 165 pagine lette in fretta più per disperazione che per interesse. Ammetto di non aver abbandonato la lettura solo per rendermi conto fino a che punto si potesse arrivare ed è stata una delusione fino alla fine.
Qualche altro esempio? Qualche frase significativa?
Ma l'amore è come la droga, ti strazia se non hai più il suo sapere in bocca e nelle sangue.
"Stasera verrai a una festa con me, e non sono accettai rifiuti".
Mara ha la luce negli occhi, come se per ci fosse ancora speranza.
Aveva stipulato una lista dei posti da visitare, e cerchiato sulla cartina le capitali, e ora che non mi ami più, come potrai rifare le stesse cose con una lei qualunque?
Potrei continuare. Mi spiace ma non si può dare un giudizio su un prodotto di questo tipo senza essere oggettivi. E credo che a qualunque altro lettore che avesse tra le mani una roba del genere verrebbe l'orticaria.

Ho detto più volte che non amo leggere e-book soprattutto perchè ho avuto molte esperienze di questo tipo. Anche stavolta ci sono cascata. Ho scelto questo libro per terminare le parole utili per la  Challenge The Hunting Word Challenge. La parola utile per la gara è PRIMAVERA, il libro non è lunghissimo e, visto che il tempo sta per scadere ho pensato che potesse essere una scelta giusta. Peccato che poi i contenuti siano stati così scadenti.
 

sabato 17 giugno 2017

Dolcezze al miele di lavanda (S. Wiggs)

Non amo particolarmente le storie d'amore sdolcinate ed il titolo del libro di Susan Wiggs - Dolcezze al miele di lavanda - mi aveva fatto pensare proprio a qualcosa di eccessivamente dolce per i miei gusti.
Invece mi sono dovuta ricredere: l'autrice propone una storia in cui l'amore è al centro, ma amore inteso in modo ampio e non esclusivamente legato ai due personaggi principali. 

La storia d'amore si completa con la storia di una famiglia che ha parecchio da raccontare, con una tenuta di campagna che sembra il Paradiso in terra e con i segreti che possono essere celati dentro ad un baule, dietro la porta di una stanza che non viene aperta da anni.

Isabel Johansen èa la donna attorno alla quale gravita la storia. 
E' una chef in gamba, in procinto di aprire una scuola di cucina nella tenuta di famiglia:  vive da sempre a Bella Vista in una cittadina tranquilla. Forse fin troppo.
Non si è mai allontanata dalla tenuta di famiglia e questo inizia a pesarle anche se sa che a Bella Vista ha tutto quello che si può desiderare.
A scombinare le carte in tavola è Mac, al secolo Cormac O'Neil: un giornalista ingaggiato dal nonno di Isabel, intenzionato a lasciare le sue memorie in sua mano, in modo che possa scrivere la sua biografia. Isabel non è tanto convinta che sia opportuno tornare a rivangare il passato, non fosse altro che in racconti fatti dal nonno, ma ben presto questa sua volontà di far scrivere una sua biografia si rivelerà importante per tutti tanto che verranno alla luce delle verità fino ad allora celate.

Inutile dire che tra Isabel e Mac iniziano le classiche scintille che si possono alimentare da due persone sole che si incontrano, un bell'uomo ed una bella donna che hanno dei validi motivi per non affezionarsi a nessuno e che tentano, soprattutto lei, di resistere fino alla fine a ciò che il corpo, il cuore e la testa iniziano a reclamare. 
E' impegnata, Isabel. Ha tante cose da fare. Ha sempre avuto tante cose da fare in modo da non fermarsi mai a pensare: ha un peso sul cuore e sull'anima e fino a che non viene costretta a prendere coscienza di se stessa e della sua situazione non riuscirà a liberarsene per vivere, finalmente, la sua vita.

La narrazione viene proposta su due piani temporali - come era facilmente immaginabile visto che il nonno di Isabel inizia a raccontare la sua storia - e, così, scivolano davanti agli occhi del lettore le vicende odierne con quelle, ben più difficili e tragiche, vissute parecchi anni prima. La storia non è ampollosa, tutt'altro.
Onestamene Mac sembra troppo perfetto per essere vero, un uomo che ogni donna vorrebbe accanto a se': bello, muscoloso, intelligente, avventuroso, dolce, sensibile, appassionato. Lei è schiva quanto basta per lasciar intendere a chiare note di avere altro da fare per lasciarsi andare ai sentimenti o, solamente, alla passione. Probabilmente deve convicere se' stessa prima che gli altri.

Solo che ho iniziato a leggere dal libro sbagliato visto che l'autrice ha pubblicato un altro libro in cui inizia a raccontare la storia di Bella Vista focalizzando l'attenzione, nel libro precedente, sulla sorella di Isabell, Tess. Pur essendo un seguito, è un libro che si legge senza problemi anche senza conoscere la storia precedente ma ammetto di essere, a questo punto, curiosa al punto giusto per un'eventuale lettura a ritroso.

In alcuni momenti avrei voluto prendere a schiaffi Isabel che, pur portandosi dietro un pesante segreto che l'ha segnata, ha bisogno di tornare a vivere appieno, non solo per la sua tenuta, le sua api e per organizzare il matrimonio di sua sorella.

Il finale - seppur prevedibile, anche se non nelle modalità secondo cui si concretizza - mi è piaciuto e lascia spazio ad un prosieguo della storia. 
Con questa lettura partecipo alla Challenge The Hunting Word Challenge. La parola utile per la gara è LAVANDA che compare nel titolo ed è raffigurata in copertina.
 

mercoledì 14 giugno 2017

Il rumore della pioggia (G. Paoli)

Che bello trovare un giornalista tra i protagonisti principali di un libro avventuroso e coinvolgente! Sarà per deformazione professionale ma i discorsi fatti da Carlo Alberto Marchi sul mondo del giornalismo mi hanno fatto trovare a mio agio, tra colleghi!

Quell'incertezza in cui vivono costantemente le testate giornalistiche, l'on line che corre veloce e riduce le notizie cartacee a déjà vu, la mancata concezione del tempo quando si è sul lavoro, il battere dei tasti sulla tastiera: musica per le mie orecchie!

Lui, Carlo Alberto Marchi, è un tipo simpatico. Ironico, divertente, capace di sdrammatizzare ma anche acuto e curioso quanto basta per avere un ruolo importante in un'indagine di omicidio. Un uomo che va oltre la ricerca dello scoop e che ha un bel da fare tra il lavoro e la famiglia. Una famiglia ridotta ai minimi termini, a dire il vero, visto che è composta solo da lui e sua figlia ma tanto basta per riempirgli la vita visto che si tratta di una ragazzina alle soglie dell'adolescenza e che richiede le dovute attenzioni.

Sul piano personale, non ha grossi rapporti con il gentil sesso ed è piuttosto sfuggente anche davanti a chi vorrebbe conoscerlo un po' meglio. Ha diversi fallimenti alle spalle da cui ha dedotto di non avere un gran feeling con le donne. Purtroppo anche sua figlia rientra nella categoria femminile per cui anche con lei sembra che il feeling sia ridotto ai minimi termini.
Ho anche io una figlia di quell'età per cui posso comprendere la situazione: il correre quotidiano che impone una drastica riduzione del tempo da dedicare ai figli, una ragazzina che inizia a chiedere maggiore autonomia, la necessità di controllare ciò che fa quando non è a casa... un bel lavoro aggiuntivo per un papà single, non c'è che dire!

Molto suggestiva l'ambientazione del libro Il rumore della pioggia, di Gigi Paoli: una Firenze battuta da giorni da una pioggia incessante. Un quadro, però, che non impedisce all'autore di condurre il lettore in un viaggio tra le tante bellezze della città, nei vicoli, tra i palazzi.
Una città che cela dei segreti che non risparmiano il mondo ecclesiastico e nemmeno il palazzo di giustizia.

Il cadavere attorno al quale si è al lavoro è quello del commesso del negozio di antichità religiose più rinomato di Firenze in via Maggio. Un signore di una certa età, tutto casa e lavoro, che sembra non avere mai avuto nemici, nessuno che potesse avercela con lui. Ma è morto accoltellato per cui è evidente che non è proprio così!
Le indagini procedono su due strade parallele: quella delle forze dell'ordine ma anche quella personale del giornalista che vuole vederci chiaro e soddisfare la sua curiosità, oltre le mere necessità di cronaca. E si possono incontrare delle sorprese lungo il cammino, anche quando sembra che il caso sia chiuso. Saranno poi così parallele le due strade?

Devo dire che la lettura è piacevole, coinvolgente e con le dovuta suspense e le dovute sorprese. Una positiva novità, per me, che di questo libro avevo sentito tanto parlare ma che è arrivato solo ieri mattina tra le mie mani, divorato in poche ore. L'ho letto in e-book e, stavolta, non ci sono stati refusi ne' errori di altro tipo. Per fortuna: ho avuto esperienze per niente positive con e-book colmi di errori. Segno, questo, che non si può fare di tutta l'erba un fascio.

Con questa lettura partecipo alla Challenge The Hunting Word Challenge. La parola utile per la gara è RUMORE che compare nel titolo.
 
Inoltre, questo libro mi permette di partecipare alla Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo "libro che La biblioteca di Eliza abbia recensito nel 2016".
 
Ed ancora, partecipo alla Challenge From Reader to Reader 2.0 in quando è uno dei titoli suggeriti.

domenica 11 giugno 2017

Il labirinto infernale (S. Giammetti)

Un fantasy con alcuni aspetti originali ed altri meno. Un'avventura che in alcuni punti è un po' rallentata con quelle che mi sono sembrate delle inutili ripetizioni ma un'ambientazione comunque suggestiva per chi ama la contrapposizione tra il bene e il male.
L'autrice del libro Il labirinto infernale Stefania Giammetti propone una dimensione fantasy ispirata alla mitologia dell'antica Roma e alla letteratura latina rispetto alla quale non mancano chiari richiami. 

Io ammetto di non essere una grande amante dei fantasy e tranne alcuni libri particolarmente ben scritti e ben costruiti posso dire che non sia una dimensione adatta a me. Ogni tanto mi lascio andare a letture di questo tipo per staccare un po', visto soprattutto che mi piace alternare i generi.  
Questa volta la mia scelta è stata motivata dalla necessità di trovare un libro adatto per partecipare alla Challenge The Hunting Word Challenge. La parola utile per la gara era LABIRINTO e in questo libro l'ho trovata sia nel titolo che raffigurata in copertina.
Più che soffermarmi sulla trama non riesco a reprimere quel senso di fastidio che ho provato imbattendomi in continui errori che mi hanno innervosita. Purtroppo non vado molto d'accordo con gli e-book - no fantasy, no e-book e allora che vuoi? - perché in più occasioni ho avuto la stessa sensazione: manca una revisione complessiva del testo che vada al di là dei contenuti.

Posto che la trama possa piacere, possa appassionare, che possa incuriosire la sorte di Lavinia e dei personaggi che le gravitano attorno, io non ce l'ho proprio fatta a sopportare continui errori che non sono riucita a considerare delle sviste. Spero che l'autrice non me ne voglia ma non ce la faccio proprio a passarci sopra.
Forse era finita in una vecchia cava utilizzata come magazzino, speriamo non sia chiusa a chiave.
Una frase di questo tipo, senza virgolettati, non ha senso. Se è didascalica, a chi si riferisce "speriamo": noi speriamo? Noi chi?
Niente distrazioni!, Si disse Giunio, la strada è ardua e potrebbe celare trappole di ogni tipo.
 Punto esclamativo, virgola, lettera maiuscola, nessuna virgoletta... io non mi raccapezzo!

Ed ancora (saranno problemi grafici dovuti alla conversione del testo per l'ebook? Non so cosa sto dicendo ma tento di trovare una scusante):
iniziarono a corriere a perdifiato;
carboni adenti;
non era come le se si fosse addormentata una mano;
il Magister era ferito, forse di prossimo alla morte;
mentre Flora si metteva in posizione per scoccare l'ultima freccia, Valerio Corvo si mise a correre a perdifiato verso la terrazza, richiamando l'attenzione delle arpie due creature.
So benissimo che dietro la scrittura di un libro c'è tanto impegno, c'è la fantasia dell'autore, il suo lavoro di produzione, il tempo rubato al sonno e alla famiglia e tutto il resto (e non intendo sminuire affatto tutto questo) però va anche detto che dall'altra parte ci sono i lettori che andrebbero agevolati nella lettura con uno stile scorrevole e corretto, non messi in difficoltà con errori palesemente sfuggiti ad un lavoro di editing evidentemente mancante o carente. Io abitualmente leggo in cartaceo. In questo periodo in cui la gara di lettura volge verso la fine ho dovuto abbattere i tempi e mi sono procurata alcuni titoli in e-book. In questo caso, purtroppo, ho storto il naso in diversi passaggi e devo dire che non è la prima volta che mi capita con gli e-book.
 
In merito alla trama, si svolge tutto molto velocemente e non ci sono dei personaggi che mi hanno particolarmente colpita più di altri. Ho apprezzato alcuni passaggi che denotano conoscenza, da parte dell'autrice, di ciò che scrive, un approfondimento da parte sua, ma devo dire che come libro non mi ha lasciato molto.

Lavinia è la ragazza mortale che viene rapita perché e ritenuta come la chiave di volta necessaria al comandante del regno degli inferi per dominare il mondo portando il Caos. Non si capisce bene come viene rapita, come fa a scomparire perché nessun accenno viene fatto in merito a ciò.
In aiuto della ragazza arrivano i Lari che, a differenza di ciò che fu, ora sopravvivono nell'oblio dimenticati da tutti.
 
Il Principe degli inferi, Incubus, ha dei comportamenti poco convincenti: se quella ragazza è così preziosa come dice e se dispone di un esercito di esseri infernali, ma come può permettersi di perdersela ben due volte? E poi mentre all'inizio dimostra di avere fiuto (quando, pur non vedendolo perchè invisibile, avverte la presenza di qualcuno accanto a Lavinia) andando avanti questo fiuto non ce l'ha più per niente perché si trova nella stessa stanza con un Laro in carne ed ossa e non se ne accorge affatto, finché lui non si manifesta.
Piccolezze che però un lettore nota.

Grande fantasia, comunque, quella dell'autrice, che ha proposto scenari apocalittici e spaventosi ad una povera umana che si è trovata in mezzo ad un'avventura decisamente più grande di lei.

sabato 10 giugno 2017

Le valigie di Auschwitz (D. Palumbo)

I soldati nazisti rubavano gli ebrei alle loro case e li portavano via. Alcuni mentre dormivano, altri mentre mangiavano, studiavano, giocavano, suonavano... Dicevano loro che sarebbero stati via a lungo ma che avrebbero fatto ritorno a casa. Per ingannarli facevano preparare una borsa per il viaggio, ma se qualcuno chiedeva dove erano diretti, i  tedeschi non rispondevano. 
Come fai a preparare una valigia se non sai dove stai andando? Non puoi sapere ciò che ti occorrerà. Allora, per non sbagliare, gli ebrei mettevano un po' di tutto nella borsa (...) gli oggetti cari, le cose di tutti i i giorni. Quelle stesse che avrebbero rimesso in valigia anche nel viaggio di ritorno, verso casa. 
Dopo un po' di tempo, però, avevano iniziato a capire che sarebbe stato difficile, perchè nessuno era mai tornato indietro da quel viaggio. 
Oggi sappiamo cosa accadeva a quelle persone: nessuna meta che non fosse la morte li aspettava. In quelle valigie rimanevano i sogni, le speranze, le aspettative di intere famiglie che si erano macchiate dell'unica colpa di essere ebree. Colpa. 
Questo era, una colpa! 
E venivano marchiati a vita per questo, in modo da poter essere riconosciuti, distinti, emarginati, eliminati.
Loro morivano. Le borse e le valigie su cui erano stati fatti scrivere i loro nomi venivano gettate dentro un grande magazzino. 
Oggi quelle valigie sono nel blocco 5, dietro un vetro. E si possono leggere i nomi, i cognomi, gli indirizzi scritti dagli uomini, dalle donne e dai bambini passati di lì. Così nessuno potrà mai dire che quelle persone non sono esistite. Nessuno potrà mai cancellare Auschwitz.
Nel libro di Daniela Palumbo Le valigie di Auschwitz si raccontano storie di famiglie, di bambini che improvvisamente vedono cambiare la loro vita così, da un giorno all'altro. Divieti, severità, imposizioni, violenza sembrano piovere dall'alto come una doccia gelata che non li lascia però bagnati ma li uccide. Qualcuno subito, in fretta, qualcun altro lentamente, ma li uccide.
L'autrice racconta storie come se ne potrebbero raccontare tante altre di quel periodo: sono per lo più bambini i protagonisti, coloro che hanno fatto più fatica a comprendere ciò che stava accadendo attorno a loro, coloro che hanno subito scelte incomprensibili e che hanno visto interrompersi rapporti personali - con amici, vicini di casa anche con gli stessi genitori - in modo improvviso e violento. 

Ciò che ho maggiormente apprezzato in questo libro è la scelta di fondo fatta dall'autrice: quella di raccontare come è cambiata la vita di Carlo, Hannah e Jacob, Emeline, Dawid da un momento all'altro fino a quando sono stati costretti a fare la loro valigia, senza però raccontare il dopo che viene lasciato intendere. Il lettore viene così invitato a mettere in moto la fantasia. In alcuni casi non si ha un lieto fine, in altri invece... 
Quelli di cui si parla sono bambini come tanti: con i loro sogni nel cassetto, i loro sentimenti che stanno sbocciando, amicizie nate da anni e improvvisamente messe alla prova. Sono bambini che amano la loro famiglia e non comprendono ciò che, da un momento all'altro, viene loro detto. Sono bambini e bambine che hanno il diritto di divertirsi: un diritto che improvvisamente viene loro negato, così come viene loro negato il diritto ad un'istruzione in una scuola assieme a tutti gli altri. 
Perchè loro sono diversi.

Tutti i protagonisti mi hanno commossa con la loro storia, con la loro ingenuità ma, allo stesso tempo, con la loro capacità di crescere velocemente alla luce di quanto accade loro accanto. Impossibile non commuoversi davanti a certe situazioni che, questo lo si sa benissimo, anche se nei libri vengono romanzate sono però realmente accadute.

Le valigie di Auschwitz è un libro per ragazzi che propone ai lettori, in punta di penna, storie per non dimenticare.
Con questa lettura partecipo alla Challenge The Hunting Word Challenge. La parola utile per la gara è VALIGIA che compare nel titolo così come è raffigurata in copertina.