martedì 6 giugno 2017

Dillo tu a mammà (P. Mandetta)

Sono reduce da una lettura che parla di chi va e di chi resta e che mi trovo nuovamente tra le mani? Una storia che parla di chi va e di chi resta, di chi sente il richiamo delle proprie radici e delle sue origini. Sarà il periodo, ma mi sono trovata nuovamente a riflettere sui legami familiari, sui legami con la propria terra e stavolta a guidarmi in questa riflessione è stato Samuele  nel libro Dillo tu a mammà.

E' un ragazzo del Sud, Samuele, che si trova da tempo a Milano per lavoro. Ha una nuova vita, un futuro di successi pronto a spianarglisi davanti, una serena vita affettiva accanto al suo amore: Gilberto.
Io suo è un amore maturato dopo tanto tempo di baci rubati, sentimenti nascosti, abbracci fugaci. Ed è intenzionato a sposarsi con il suo Gilberto. Prima, però, deve superare un grande scoglio: tornare nella sua terra d'origine e comunicare la sua decisione alla sua famiglia. Una famiglia ed un paese del Sud, appunto, che non sanno di aver lasciato andare un ragazzo gay che non si sposerà mai con una donna e che non avrà mai, con una donna, dei figli. Come vorrebbe la regola!

Dare una comunicazione del genere non è mica facile! Nemmeno se a fare da spalla a Samuele c'è la sua migliore amica pronta a sostenerlo sempre e comunque, come ha sempre fatto da quando si sono conosciuti.
Ed è ancora più difficile quando l'intero paese d'origine viene messo al corrente della volontà di Samuele di sposarsi ma con la persona sbagliata: una donna, colei che lo ha accompagnato ma che non è la sua compagna di vita! Eh sì, il padre di lui non ci pensa due minuti prima di prendere un microfono in mano e dare l'annuncio a tutti, nel corso di un momento di aggregazione, senza nemmeno dare al ragazzo il tempo di dire una parola.

Ecco che da un profondo equivoco prende le mosse un'avventura di paese che porterà Samuele a prendere coscienza delle sue paure, delle sue contraddizioni ed anche della sua voglia di scoprire se stesso.
Stanco di aspettare il momento giusto, stanco di nascondersi, consapevole di essere tornato a casa per esprimere finalmente il proprio "io", ha una missione da portare a termine. Una missione che si rivelerà ben più grande della semplice necessità (ammesso che si possa considerare semplice) di dare una comunicazione alla propria famiglia.
Una missione che lo porterà a fare i conti con il suo presente ma anche con il suo passato e a guardare con occhi diversi il suo futuro.

Di questo libro ciò che ho maggiormente apprezzato sono le descrizioni dei luoghi che mi hanno fatto venire la voglia di conoscerli davvero. I colori, i suoni, le voci sono davvero coinvolgenti. 
E poi mi ha positivamente colpita il modo così diretto che l'autore usa per parlare di un tema, quello dell'amore tra persone dello stesso sesso, che anche al giorno d'oggi non è così semplice da trattare e da trasmettere senza pregiudizi e senza impalcature. Mandetta riesce a fare questo: a trasmettere senza filtri la passione, le paure, le indecisioni legate ad un amore tra due uomini, il rapporto con una terra d'origine che si manifesta molto più aperta e moderna del previsto. Passione, paure ed indecisioni che non hanno sesso così come non hanno età, non hanno provenienza ne' ceto sociale: sono le stesse che possono presentarsi in ogni persona innamorata, chiunque essa sia e chiunque sia il destinatario del suo amore. 

Ecco, questo ho pensato nel leggere il libro.

Mi sono anche fatta delle grasse risate con alcuni personaggi davvero folkloristici, con espressioni tipicamente locali e modi di fare che rendono alla perfezione la vita di periferia.
Per me si è trattato di un libro diverso dai generi che più mi appassionano e che, lo ammetto, in alcuni punti è andato avanti a rilento ma non per questo la lettura è risultata pesante o non gradita. Va anche detto che sono in un periodo particolarmente pieno della mia vita, con poco tempo libero e pochi momenti nei quali dedicarmi a mente libera alla lettura. Probabilmente il ritmo di lettura è dovuta anche a questo.


Ciò che è emerso in modo piuttosto chiaro ai miei occhi è un senso di insoddisfazione di fondo: parecchi dei personaggi che l'autore propone sono insoddisfatti della vita che fanno e, per un motivo o per l'altro, non fanno nulla per cambiare la propria vita. Sono personaggi che preferiscono restare nella situazione attuale pur di non deludere la famiglia, pur di non far parlare il paese. Serpeggia una rassegnazione latente palpabile. E questo, a dire il vero, al di là della storia di Samuele, mi ha rattristata un po': nella realtà credo che possano esserci molte situazioni di questo tipo, più o meno palesi. Ed è anche stato motivo di riflessione per me: quanto siamo disposti a metterci in gioco per noi stessi? Per la nostra felicità? O siamo, invece, succubi di una rassegnazione che facciamo finta di non saper riconoscere ma che, nel nostro profondo, riconosciamo molto bene?

Con questo libro partecipo alla Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo assegnatomi da Laura La Libridinosa.
 

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