giovedì 6 luglio 2017

La gita a Tindari (A. Camilleri)

Due anziani coniugi scompaiono. Un giovane viene ucciso a sangue freddo. 
Anche se inizialmente gli è stato detto di occuparsi d'altro, di fatti minori (un'ammazzatina non è di certo un fatto minore), e di fare solamente da supporto al Capo della Mobile, ben presto la situazione cambia e ad indagare sarà proprio lui, Salvo Montalbano, assieme ai suoi uomini. 

C'è qualcosa che accomuna i due fatti? Sia gli anziani scomparsi che il ragazzo ucciso vivevano nello stesso palazzo ma, a parte questo, sembra che non ci siano altri contatti, altri legami. 
Ma, come si sa, le apparenze possono ingannare ed anche stavolta sarà l'abilità investigativa di Montalbano, saranno le sue intuizioni a portare le indagini lungo un'unica direttrice.

Montalbano è al suo solito: con un certo pititto che lo colpisce quando meno se lo aspetta, con la sua Livia sempre lontana e con la quale non riesce a trovare un punto di contatto che vada oltre sporadiche telefonate, i suoi colleghi che non si smentiscono mai.

Nel libro La gita a Tindari Camilleri ripropone il suo personaggio più riuscito e che non si smentisce affatto. I suoi metodi investigativi sono sempre sui generis così come le sue capacità di fare 2 + 2 sono sempre più affilate, anche quando la situazione appare piuttosto ingarbugliata. A ben guardare, infatti, il bandolo della matassa si snoda con una certa difficoltà e ciò che sembra essere chiaro come il sole, a ben guardare, non lo è affatto.

Montalbano avrà a che fare con mafiosi importanti e con il modo di fare che li contraddistingue. Questa volta la mafia la toccherà con mano, in modo più diretto di quanto non sia avvenuto in altri libri che lo hanno come protagonista. 

Uno dei passaggi che maggiormente mi ha colpito, al di là della trama, è quello che riguarda la squadra con cui il commissario Salvo Montalbano lavora: si capisce a chiare lettere che c'è chi ha poca fiducia in quel nucleo operativo così pittoresco come può essere quello che ha a capo Montalbano e che vanta personaggi come Mimì Augello (stavolta più che mai incasinato con fatti di donne) e lo spassoso Catarella. Quest'ultimo è la pedina che rende divertente il racconto, come in tutte le altre avventure che hanno Montalbano come protagonista. Quando lo scambiano per uno straniero, tanto è stretto il suo dialetto, mi sono proprio divertita nell'immaginare la situazione. 
Personaggi simpatici e ironici ma, non per questo, ridicoli o superficiali. Al centro della storia ci sono - come sempre - le indagini ma ciò che più mi piace della serie di Montalbano è il fatto che l'autore non si limita ad esse: Camilleri racconta altro. 
Racconta delle debolezze dei suoi personaggi (Augello che non riesce a resistere alle donne nemmeno quando è promesso sposo, Salvo che dal lato affettivo fa acqua da tutte le parti, le stesse vittime che hanno - nel caso specifico - tanto da dire soprattutto quando vengono a mancare). 
Montalbano non è un commissario indistruttibile, di quelli che superano ogni situazione come dei supereroi: è molto umano, molto reale. Ed è per questo che mi piace.

E poi la caratteristica dei romanzi di Montalbano: l'uso del dialetto in maniera predominante. Nel parlare di questa serie con dei conoscenti mi sono sentita dire che, alla lunga, questo stile stanca. Io non sono affatto d'accordo: se le storie di Montalbano venissero narrate in modo più lineare, in perfetto italiano, non renderebbero allo stesso modo soprattutto nelle situazioni più comiche... Certo, uno sforzo di interpretazione va fatto ma per chi non è nuovo a letture di questo tipo è solo un piacere, non una fatica. Almeno per me è così!

Il personaggio che mi è piaciuto di più? Bhè, Catarella senza ombra di dubbio. Mi diverte, ha un modo di fare comico ma, allo stesso tempo, spontaneo, tutt'altro che costruito. Posso solo immaginare come potrebbe essere il lavoro di un commissario con un collaboratore vero come lui tra i piedi! 
Il lettore magari si diverte, ma il commissario - ne sono certa - si divertirebbe un po' meno!

Con questa lettura partecipo alla Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo 9: un libro che abbia vinto il Premio Bancarella. Camilleri, con La gita a Tindari, lo vinse nel 2001. 
Ps: io ci andrei molto volentieri in gita a Tindari. Non ci sono mai stata ma non mi dispiacerebbe affatto anche se sceglierei delle modalità diverse da quelle scelte da coloro che ne sono stati protagonisti. 

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