martedì 28 marzo 2017

Il sentiero dei nidi di ragno (I. Calvino)


Non avrei mai immaginato di leggere Calvino di mia spontanea volontà. E' uno di quegli autori che vengono proposti a scuola e, spesso, diventano ostici solo perché la lettura viene proposta (obbligata?) a scuola. 
Eppure, arriva il momento di scegliere una lettura così e l'approccio è decisamente diverso da quello che si ha all'epoca della scuola: da lettrice più matura mi sono avvicinata alla lettura del libro Il sentiero dei nidi di ragno con una maturità diversa da quella che potrebbe avere uno studente.
La prima edizione di questo libro risale al 1947 e quella che è arrivata tra le mie mani è una nuova edizione del 1964 riveduta e corretta rispetto alla prima.
Calvino racconta, per bocca di Pin, la guerra che egli stesso ha vissuto. Nell'edizione del '64, per sua stessa ammissione (tale versione è stata proposta con una lunga prefazione dell'autore) il racconto è stato alleggerito da passaggi considerati troppo brutali, da situazioni troppo esasperate che, però, erano comunque in linea con quanto vissuto sulla sua stessa pelle.

Pin è un monello, un bambino figlio della guerra. Sua madre è morta, suo padre non si sa dove sia, cresciuto con una sorella avara di gesti d'affetto con suo fratello ma ben propensa con tutti gli uomini che passano nel suo letto, è un ragazzino sostanzialmente solo. E' quello di Pin i il punto d'osservazione della realtà che viene proposto dall'autore. Ed è Pin che dà voce all'esperienza vissuta dall'autore, quel ragazzino partigiano che Pavese aveva realmente conosciuto nelle bande. 
Nel racconto Pin vive una situazione di inferiorità rispetto all'enormità della guerra partigiana, il suo rapporto impari con l'incomprensibile mondo dei grandi (di cui rileva comportamenti piuttosto strani) è una costante quotidiana, così come una costante è il suo modo scanzonato e spregiudicato di approcciarsi alla vita.La storia ha inizio con questo ragazzino che ruba una pistola ad un tedesco, impegnato in camera da letto con sorella. E' un atto di sfida, quello di Pin, come a voler dimostrare di non aver paura di niente e di nessuno: nasconde la pistola in un luogo segreto, dove i ragni fanno i nidi, ma i tedeschi arriveranno a lui molto presto, tanto da metterlo in carcere ed interrogarlo senza lesinare le maniere forti. Ma il suo destino non è quello di vivere tra le quattro mura di una cella. Il destino di Pin gli riserva altro.

Pin è troppo giovane per affrontare una realtà che gli chiede troppo: gli chiede di rinunciare alla sua fanciullezza, di relazionarsi solo con i grandi, di fare i conti con la freddezza di una guerra in cui non c'è spazio per i sentimenti.
Eppure, in una situazione di questo tipo, Pin riesce a conquistarsi uno spazio (quel suo modo scanzonato di prendere in giro il mondo intero altro non è, secondo il mio parere, se non il tentativo di farsi accettare da un mondo di grandi) ed a scoprire anche l'amicizia. Non un'amicizia tra pari - non ci sono altri bambini nel racconto - ma un'amicizia che darà un tocco di leggerezza ad una storia che di leggero non ha nulla, vista la tragicità delle situazioni. 

Tanti sono i personaggi che l'autore mette accanto a Pin. Tra tutti, secondo il mio punto di vista, emerge la figura di Cugino: un omone grande e grosso che ha avuto una grossa delusione sul fronte sentimentale e che immagino come un gigante buono a cui non dare fastidio, mai e poi mai. E' una figura che trasmette serenità (per quanto si possa provare serenità in un ambiente di guerra) ed anche sicurezza.

Credo di poter dire che sia il più bel racconto di esperienza partigiana che io abbia mai letto. Reale, toccante, sfrontato. Vivo.
Con questa lettura partecipo alla challenge di Chiara del blog La lettrice sulle nuvole.

6 commenti:

  1. Io adoro Italo Calvino!!! Da sempre e compreso questo romanzo! Una lettrice accanita come te, non può non aver letto o non apprezzare "Se una notte d'inverno un viaggiatore"

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  2. Ciao :-) Ho letto questo libro per fare un esame all'università e, come dici tu, avevo sempre avuto delle titubanze nell'avvicinarmi a Calvino, che a parte questo libro continua a non piacermi particolarmente. Quando l'ho letto mi ha stupito soprattutto il modo in cui l'autore è riuscito a dare voce ad un movimento, quello partigiano, in maniera diretta, ma filtrata attraverso gli occhi di un bambino e a farlo soprattutto in un periodo in cui tutto questo era vietato. Un libro davvero bello e che ha piacevolmente dato vita a tutto un filone narrativo che dovrebbe essere molto più diffuso, a mio avviso!

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    1. E' prorio vero. L'ho scoperto tardi e mai come in questo caso mi sembre giusto il detto "meglio tardi che mai".

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